“Il libro che avete tra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni. Detto così alla buona, è il racconto comico della scoperta e dell’uso, da parte di una famiglia di uomini estremamente primitivi, di alcune delle cose più potenti e spaventose su cui la razza umana abbia mai messo le mani: il fuoco, la lancia, il matrimonio e così via. È anche un modo di ricordarci che i problemi del progresso non sono cominciati con l’era atomica, ma con l’esigenza di cucinare senza essere cucinati e di mangiare senza essere mangiati.” (Dalla presentazione di Terry Pratchett)
Così come non si è mai saputo in che genere letterario inserire questo romanzo, anche il suo titolo ha sempre avuto difficoltà ad essere definitivo, apparso col titolo The Evolution Man, ma anche Once Upon an Ice Age e What We Did to Father. In italiano è: Il più grande uomo scimmia del Pleistocene – Roy Lewis – Ed. Adelphi.
Il libro di Roy Lewis tratta argomenti mai associati prima ed in quella forma in un romanzo. La vicenda si svolge nell’Africa centrale del tardo Pleistocene e mescolando umorismo e scoperte antropologiche con voluti anacronismi, narra la storia di una famiglia di cavernicoli che lotta non solo per sopravvivere ma per progredire.
Il più grande uomo scimmia del Pleistocene si chiama Edward ed uno dei suoi figli, Ernest, è la voce narrante del libro. È Ernest a raccontarci delle scoperte del padre e di come questi condivida le sue scoperte (il progresso) con altri gruppi umanoidi vicini.
Edward addomestica il fuoco, una rivoluzione tecnologica che supera quella del vapore e dell’elettricità. Il fuoco scalda, cuoce, illumina e tiene lontane le belve, rassicura e concede speranza. Il fuoco brucia, distrugge, uccide. Il fuoco migliora la vita, ma non solo, concede potere a chi sa addomesticarlo.
Ed è sempre Ernest a raccontarci dei crescenti dubbi che ha riguardo alla condivisione con altri delle scoperte del padre e di come l’ultima scoperta paterna, l’arco, sia anche lo strumento col quale lui ed il fratello Oswald uccidono il padre. La trasmissione gratuita a tutti dell’evoluzione, propugnata dal più grande uomo scimmia del Pleistocene, si interrompe ad opera dei suoi figli, più evoluti dei cavernicoli vicini o conosciuti. Ora si intende sfruttare il potere acquisito per aumentarlo e questo, ovviamente, a scapito degli altri uomini scimmia.
Un libro divertente, senza alcun dubbio, dove vengono riassunti gli studi sull’evoluzione umana e, nel tragicomico finale, viene riassunta tutta l’irrisolta ambiguità della coscienza umana.
In un post precedente l‘ho scritto: “quando di mezzo c’è l’uomo con la sua coscienza, la faccenda si complica sempre.”
“La coscienza del bene e del male è emersa come meccanismo del cervello durante un lunghissimo processo naturale, l’evoluzione, la cui regola è la sofferenza del più debole che soccombe. La nostra specie è prevalsa e prevale perché sa realizzare e sa razionalizzare il male, e quindi non è verosimile che i meccanismi nervosi che ci trasmettono il senso del bene riescano a imporsi su quelli del male.
Le strutture nervose che la producono sono emerse circa due milioni d’anni fa con i lobi prefrontali e con le aree del linguaggio, che si sono aggiunti al cervello, antico di milioni di anni, degli esseri senza ragione, dai rettili ai primati. Il prevalere dei meccanismi nervosi della razionalità a fin di bene, dell’altruismo e della bontà, sulla follia dell’istinto e della disumanità è sempre temporaneo e circoscritto a persone, a società e a momenti storici specifici, ma non riesce a diventare il carattere prevalente e universale della natura umana. Gli orrori che il cervello commette oggi sono gli stessi di millenni or sono…. Il cervello è strutturato in modo che il male sembra spesso banale e il bene una conquista, anche se il cervello è artefice dell’uno e dell’altro.” (La coscienza imperfetta – Arnaldo Benini – Ed.Garzanti)
Anche Benini, neuroscienziato, ci racconta una storia. La storia dell’evoluzione del cervello umano e della sua incapacità di capire se stesso.
“Il cervello, in realtà, è cresciuto secondo spinte evoluzionistiche casuali con una caratteristica comune a tutti gli esseri con sistema nervoso, e cioè che la maggior complessità non è dovuta alla trasformazione delle strutture esistenti, ma al sovrapporsi di aree nuove a quelle antiche, con nessuna o scarsa coordinazione (quando non antagonismo) fra loro…. Arthur Koestler apostrofò l’uomo come errore dell’evoluzione, perché la neocorteccia della razionalità era cresciuta sopra il cervello del serpente (gli istinti, l’aggressività, gli impulsi) senza modificarlo e addomesticarlo. … Pur con le gratificazioni meravigliose dell’amore, della poesia, della musica, dell’arte, dell’intelligenza, della ricerca, della tecnologia, chi oserebbe dire che la vita con il male immenso che gli uomini fanno a se stessi in seguito all’attività della macchina più complessa della natura, sia il prodotto di un meccanismo meraviglioso?
Più si conosce, più forte è la delusione che il cervello prova di sé stesso, per le proprie insufficienze e per doversi arrendere all’imperfezione dell’autocoscienza incapace di capirsi. Quante volte ci viene fatto di pensare che noi, il cervello, l’avremmo fatto meglio? Perché non ci siamo riusciti? L’autoreferenzialità lo impedisce. Neanche al cervello è stato e sarà possibile stravolgere le leggi della natura.” (Che cosa sono io – Arnaldo Benini – Ed. Garzanti)
La scena finale de Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è la cena della sua famiglia che mangia il corpo, ben cotto, del padre.
La scena finale che ci propone Benini è un messaggio di speranza nel futuro dell’evoluzione umana. Non l’evoluzione che partendo dall’addomesticamento del fuoco è arrivata all’esplorazione degli spazi siderali, ma l’evoluzione del nostro cervello e quindi della nostra coscienza, quell’evoluzione che noi non possiamo controllare perché “neanche al cervello è stato e sarà possibile stravolgere le leggi della natura”.
Sarà un cammino lungo e difficile ma, voglio credere, inesorabile. Non esiste ragione logica per cui il bene non debba prevalere nella coscienza umana. Servono determinazione e tanta pazienza e forse altri cinquecentomila anni, ma possiamo sperare e soprattutto non dobbiamo mai sentirci definitivamente sconfitti.
Oggi, intanto, nessuno si mangia arrosto i genitori defunti.
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