Esercito impone legge marziale, censura i media, schiera soldati a Bangkok, ma dichiara: «non è un colpo di stato». Incertezza e paura in Thailandia
BANGKOK (Asiablog.it) – L’Esercito Reale della Thailandia ha decretato la legge marziale martedi alle 3 di notte ora locale. La legge marziale è stata annunciata con un messaggio televisivo poco dopo il sequestro di diverse stazioni TV e radio nella capitale Bangkok.
“QUESTO NON E’ UN COLPO DI STATO” — La decisione è stata presa senza consultare il governo, ma il capo dell’esercito, generale Prayuth Chan-Ocha, sostiene che “non si tratta di un colpo di stato”, in quanto i ministri non sono stati privati dei loro incarichi ed il governo ad interim guidato da Niwatthamrong Boonsongphaisan resta ancora formalmente in sella. Le forze armate affermano di voler semplicemente “restaurare la pace e l’ordine pubblico”, dopo i 28 morti e 800 feriti causati da sei mesi di scontri di piazza nel “Paese dei Sorrisi”.
Nel tentativo di giustificare l’intervento dell’esercito nella vita politica nazionale, Prayuth ha aggiunto di aver agito basandosi su una legge del 1914, che darebbe ai militari l’autorità di imporre la legge marziale in particolari momenti di crisi allo scopo di ripristinare l’ordine pubblico. La legalità della mossa dei militari sarà oggetto di ampio dibattito. Ma anche se dovesse essere riconosciuto come “legale”, e dunque non propriamente un classico colpo di stato, l’intervento dell’esercito va ad usurpare alcuni dei poteri basilari del governo.
L’esecutivo guidato dal partito Pheu Thai, che ha vinto democraticamente tutte le elezioni tenutesi negli ultimi 13 anni (2001, 2005, 2006, 2007, 2011, 2014), rimane formalmente in carica, ma senza il potere di controllare l’ordine e la sicurezza nel Paese. Questo potere è ora in mano all’esercito, che ha immediatamente sciolto il CAPO (Centre for the Administration of Peace and Order), che era controllato dal Governo, ed istituito un nuovo centro di peace-keeping, il Peace and Order Maintaining Command (POMC).
“Penso che si possa definire un colpo di stato”, ha dichiarato al Time Pavin Chachavalpongpun, professore associato presso il Centro di Studi del sud-est asiatico all’Università di Kyoto. “E’ un colpo di stato perché toglie il potere al popolo, prendendo il controllo della situazione politica e dei diritti umani.”
Delle stesso parere sono le organizzazioni internazionali per il rispetto dei diritti umani.
“E’ un colpo di stato di fatto”, ha dichiarato Human Rights Watch (HRW). “Con l’amministrazione civile posta sotto il comando militare, non ci sono strumenti per salvaguardare i cittadini da eventuali abusi [dell’esercito] e non ci sono rimedi [in caso di eventuali abusi].”
“La legge marziale rimarrà in vigore fino a quando sarà necessario”, ha specificato il generale Prayuth, nuovo uomo forte della Thailandia, in una conferenza stampa. Prayuth ha aggiunto di voler fare da mediatore fra i due opposti schieramenti, che al momento paiono avere visioni totalmente inconciliabili. Lo schieramento anti-governativo del PDRC e del Phak Pratchatipat, vicino al vecchio establishment monarchico-militare, chiede la “sospensione della democrazia” per favorire l’attuazione di “riforme prima delle elezioni” da parte di un “Consiglio” non elettivo. Al contrario, lo schieramento governativo, che gode del favore delle Camicie Rosse e della maggioranza degli elettori, chiede il rispetto delle regole democratiche, riassumibile nello slogan “elezioni prima delle riforme”.
STOP ALLE “NOTIZIE DANNOSE” — In una serie di ordini imposti alla nazione a reti unificate, l’esercito ha anche ordinato la censura di tutti i media. I soldati hanno occupato le stazioni per le trasmissioni radio e TV privando dieci canali televisivi delle antenne di trasmissioni.
“E’ fatto divieto a tutti i media di riportare o diffondere notizie o immagini dannose per l’interesse nazionale”, ha ordinato l’esercito in una dichiarazione trasmessa in diretta su tutti i canali TV e radio.
Nel frattempo soldati e mezzi militari sono stati schierati lungo le principali strade di Bangkok, mentre i manifestanti pro-elezioni e anti-colpo di stato delle Camicie Rosse hanno dichiarato di essere stati circondati dai militari in un quartiere periferico della capitale.
NESSUNA SORPRESA – In un Paese piagato da 18 colpi di stato in otto decenni — l’ultimo dei quali, nel 2006, ha rimosso il governo del primo ministro Thaksin Shinawatra, dissolto il Parlamento e stracciato la “Costituzione del Popolo” del 1997 — la mossa dell’esercito non può essere considerata una sorpresa.
Oltretutto, l’istituzione della legge marziale arriva dopo mesi di crisi politica, l’annullamento delle elezioni di febbraio, la rimozione della premier Yingluck Shinawatra con una sentenza della Corte Costituzionale, e una serie di interviste rilasciate alla stampa da parte del generale Prayuth che avevano lasciato intendere che i militari non rispondono al governo di Bangkok, ma sono un attore politico indipendente, pronto ad entrare in azione in caso di “necessità”.
Gli attivisti ultra-monarchici, anti-Shinawatra e pro-esercito del PDRC, che chiedevano da mesi l’intervento dei carri armati, hanno accolto la notizia della legge marziale con gioia:
“[I manifestanti del PDRC] sono felici per l’imposizione della legge marziale questa mattina,” ha fatto sapere con un tweet il blogger statunitense di estrema destra Michael Yon, idolo della borghesia conservatrice di Bangkok.
Di umore opposto i sostenitori delle Camicie Rosse e gli attivisti democratici, che hanno immediatamente criticato l’intervento dell’esercito in politica ed hanno dato vita ad una serie di manifestazioni anti-militari e a favore della libertà di stampa.
COMUNITÀ INTERNAZIONALE PREOCCUPATA – La comunità internazionale assiste con preoccupazione agli sviluppi della crisi politica thailandese. “Siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo in Thailandia”, ha dichiarato Marty Natalegawa, Ministro degli Esteri dell’Indonesia.
La legge marziale decretata dall’esercito thailandese deve essere “temporanea” e non deve mettere a rischio la democrazia, ha avvertito Washington per bocca del portavoce dell’ambasciata statunitense a Bangkok, Walter Braunholer, esprimendo l’inquietudine degli Stati Uniti riguardo agli avvenimenti di Bangkok. “Tutte le parti in campo devono rispettare i principi democratici e garantire la libertà d’espressione”, si legge in un comunicato del dipartimento di Stato americano.
Preoccupato anche il Giappone, importante fonte di investimenti diretti esteri in Thailandia, che auspica una soluzione pacifica alla crisi politica. “Sollecitiamo con forza le parti interessate a dare prova di moderazione e a non usare la violenza,” ha detto il portavoce del governo giapponese, Yoshihide Suga. “Speriamo vivamente che la situazione venga affrontata in modo pacifico e democratico”.
Secondo fonti del Dipartimento medico Erawat di Bangkok, il bilancio dall’inizio dell’ultima crisi politica thailandese è di 28 morti e oltre 800 feriti.
Fonte immagini: BBC, @ThaiFreeNews.