“Un racconto popolare turco sul mistico medievale sufi Nasreddin Khoja illustra la complessità introdotta dai concetti di domanda e offerta.
Un giorno il Re arrivò inaspettatamente alla casa da tè che era stata lasciata sotto la responsabilità di Nasreddin. Voleva far colazione assieme ai suoi servitori, dopo aver partecipato a una battuta di caccia.
«Avete uova di quaglia?» chiese il Re.
«Sono sicuro di poterne trovare» rispose Nasreddin.
Il Re ordinò un’omelette di dodici uova. Nasreddin corse fuori a cercarle. Dopo che il Re e i suoi ebbero mangiato Nasreddin portò un conto di cento pezzi d’oro. Il Re inarcò le sopracciglia. «Le uova devono essere molto costose qui. Scarseggiano così?» «Non sono le uova che scarseggiano qui, Maestà, sono le visite dei re.»”(Debito. I primi 5000 anni – David Graeber)
Sì, l’antropologo ci parla del caro vecchio mercato, quel posto dove noi andiamo a comprare il pane, il vino ma anche un paio di calzini o l’ultimo modello di smartphone. Quel luogo astratto in cui ancora oggi possiamo vendere noi stessi come una volta si vendevano schiavi.
Ma scordiamoci, per un attimo, di Mercurio – protettore dei mercanti ma anche dei ladri – quanto del rifiuto opposto alla pratica del commercio dell’antica nobiltà greca.
Guardiamoci attorno. Noi e questa economia di mercato, questo moderno sistema di mercato che, utilizzando la pubblicità, convince il consumatore che un oggetto, anche se ancora funzionante, deve essere sostituito con uno nuovo e che commercializza non solo oggetti appositamente progettati per avere vita breve (si chiama obsolescenza programmata) ma commercializza anche il futuro (si chiamano futures).
Gli oggetti in vendita devono avere una vita breve e non deve interessarci dove finiranno quando li dismettiamo. Forse finiranno in una discarica dove verranno seppelliti o bruciati, forse finisce tutto lì, nella discarica, nell’inceneritore. Forse.
E tra gli espedienti, che trasformano l’essere umano in “consumatore” obbligandolo a lavorare per comprare, è compreso anche il non farsi troppe domande scomode.
Da dove viene il “prodotto”? Non sono domande da porsi, il consumo muove l’economia, ci dicono. A porsi troppe domande poi si finisce per esagerare:
“Quasi ogni prodotto di consumo ha una storia oscura e nascosta, che si intreccia con la schiavitù e la pirateria, con i falsi e le frodi, i furti e il riciclaggio. E il luogo privilegiato per l’economia canaglia rimane il mercato globale. I prodotti canaglia penetrano e corrompono, distruggono dal di dentro le economie tradizionali. Quando compriamo una fede nuziale prodotta con l’oro delle miniere del Congo estratto dai bambini che lavorano per gli spietati signori della guerra, oro che poi viene venduto di contrabbando in Uganda con finti certificati da imprese senza scrupoli, ecco che stabiliamo un contatto con il mondo sotterraneo dell’economia illegale e criminale dell’Africa. E abbiamo solo comprato il nostro anello di nozze. Del resto noi sappiamo molto poco di questi legami oscuri, queste interdipendenze celate dalla complessità del mercato che tesse la ragnatela delle fantasie e delle illusioni in cui i consumatori vivono.” (Economia canaglia – Loretta Napoleoni – Ed. Il Saggiatore)
Non pare solo che il dio della civiltà dei consumi, il dio Mercato, abbia consumato male, se non addirittura troppo, il pianeta su cui viviamo, pare si stia mangiando anche noi.
“Chi domina nell’Unione non è la Germania, o la Francia, e tanto meno la Gran Bretagna. Dominano i mercati, quindi il pilota automatico che è al loro servizio. Non è una prospettiva tranquillizzante, quando gli Stati s’accontentano della dottrina economica tedesca (che ciascuno faccia con massima diligenza i propri “compiti a casa”: solo dopo verranno – se verranno – la cooperazione, la solidarietà, gli eurobond, la statualità federale compiuta) e dopo essersi accontentati contemplano stupiti lo sconquasso che hanno provocato e si mettono a inveire contro gli indignati, o a gridare al flagello populista che incombe.” (dal contributo di Barbara Spinelli al libro “Grammatica dell’indignazione”- AA.VV. -Ed. Gruppo Abele)
Forse la visione proposta da Barbara Spinelli non sarà condivisa da coloro che non “vedono” il dominio dei gruppi economici che, dominando i mercati, dominano la vita politica delle nazioni e quindi anche la nostra vita.
“Come personaggi del film Matrix, i consumatori vivono in un mondo di fantasia in cui qualcuno li ha convinti che la loro è in assoluto la vita migliore possibile. E perché no? In fondo, pensandoci bene, noi abbiamo accesso a possibilità e opportunità che i nostri genitori o nonni non potevano nemmeno permettersi di sognare. L’aspettativa di vita è cresciuta grazie alla medicina, la povertà è stata ridotta e il consumo è il nuovo passatempo globale. Lo shopping è diventato la terapia più efficace per combattere noia e depressione. Sono questi i messaggi che riceviamo quotidianamente.” (Economia canaglia – Loretta Napoleoni – Ed.Il Saggiatore)
Fino a quando sarà possibile un mondo basato su un’economia di mercato/stato, consumismo/capitalismo? Io non lo so.
Fonte immagini: Wikipedia
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