“Il Fronte nazionale di Marine Le Pen conquista la Francia, ancora prima delle europee alle quali l’estrema destra euroscettica viene data addirittura come probabile primo partito. Il Fronte Nazionale dilaga nel sud, conquista il primo posto in città impreviste. Per la sinistra di governo di Francois Hollande, che temeva di essere punita dagli elettori, la disfatta è totale, con i candidati della dell’Ump (destra moderata) in testa nelle prime due città, Parigi e Marsiglia.“(ilFatto Quotidiano)
La marcia di avvicinamento alle Elezioni Europee viene scossa da un brivido. Ma non inaspettato. Il coniglio non esce inaspettato dal cappello del prestidigitatore.
Impossibile non vedere, nel voto francese per le amministrative, l’emersione del malessere sociale che pervade gli europei tutti. Un malessere che non nasce dalla crisi economica ma dalla crisi politica. In una recente intervista a Marine Le Pen, trasmessa da Servizio Pubblico, appare evidente come gli argomenti anti europeisti siano proposti in una sintesi decurtata degli aspetti tecnici di tale soluzione. Non è una proposta politica, è semplice populismo.
Si evita, cioè, di approfondire il grande e grave impatto socio-economico di una scelta che, nel suo assieme, pretende una solidarietà ed una cooperazione sociale pari a quelle necessarie anche per la soluzione opposta: più Europa. E questo a detta di tutti gli economisti anche critici nei confronti della moneta unica. Non per nulla, dal versante opposto, anche i partiti europeisti evitano di approfondire gli aspetti tecnici delle loro argomentazioni, anche questo è populismo.
Forse vale la pena riflettere rileggendo quel che scrive Claus Offe (economista, europeista, tedesco) sull’attuale stato dei fatti.
“Occorre ripetere che ci troviamo di fronte a un divario abissale tra le politiche e la politica, tra le misure che sarebbero necessarie e le istituzioni in grado di approntarle. I partiti politici – preferibilmente partiti sovranazionali capaci di rivolgersi a un elettorato europeo – dovrebbero colmare questo divario formando ed educando l’opinione pubblica.
Abbiamo invece, partiti deliberatamente aggrappati ai rispettivi contesti nazionali e a calcoli di breve termine dettati dalla paura di provocare un pericoloso malcontento negli elettori e quindi perdere voti a favore di avversari populisti.
… I partiti politici, in quanto organizzazioni che aspirano al potere, sono fuorviati dall’opportunismo che impone loro di rispondere alle preferenze date degli elettori, sottraendosi alla sfida di formare tali preferenze, compito preminente dei partiti politici democratici.
… i partiti dovrebbero compiere un cruciale passaggio dal codice dominante «nazione vs nazione» al codice, quantomeno suppletivo, «classe sociale vs classe sociale».
In altri termini: due tedeschi, uno dei quali minacciato dalla disoccupazione, hanno probabilmente meno in comune, sul piano degli interessi socioeconomici, di due europei minacciati dalla disoccupazione, uno dei quali tedesco. Lo stesso vale per i percettori di redditi finanziari.
… Ma il problema principale è la percezione ampiamente diffusa della minaccia di azzardo morale e la sua trasformazione in un gioco di aspettative a somma negativa.
Se «noi» siamo generosi con «loro», «loro» sfrutteranno la situazione smettendo di rispettare «tutti noi» in un pozzo senza fondo.
Dunque «noi» dobbiamo smettere di fare sacrifici insensati: una conclusione politicamente popolare che ispira l’intero scenario.
Questo atteggiamento sbarra la strada alla realizzazione di politiche socialmente inclusive e lungimiranti.” (L’Europa in trappola – Claus Offe – il Mulino)
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