Quando sono nato la toponomastica delle vie del mio paese, se si esclude la strada più antica⁽¹⁾ e qualche altra strada (dedicata prevalentemente a personaggi risorgimentali), avevano in gran parte nomi di città o personaggi attinenti alla prima guerra mondiale, la Grande Guerra. Questa pratica, forse, nasceva dal fatto che il paese, oltre ad aver subito un attacco austriaco nel primo giorno di guerra ⁽²⁾, era una base per sommergibili ed idrovolanti impegnati nel conflitto.
Il Cinema non poteva che chiamarsi: Trieste.
Ho iniziato presto ad andare al cinema, all’epoca la televisione era rara nelle case, tanto per dire, le sere in cui in Tv trasmettevano “Lascia o raddoppia” ( fine 1955) al Cinema non proiettavano un film, mettevano un televisore davanti allo schermo e la gente andava a guardare la televisione al cinema.
Una sera a settimana, dopo cena, accompagnato da mio padre andavo al cinema. Mio padre sostava al bar contiguo ed io, senza passare dalla biglietteria, salutavo Achille, maschera tuttofare (morì una notte, investito da un auto, mentre affiggeva le locandine del film in programma il giorno successivo) e salivo in galleria per sedermi al mio posto.
Sulla sinistra, terza fila senza altre poltroncine davanti o dietro. Poi, qualche anno dopo, la domenica avevo anche il permesso di andare da solo agli spettacoli pomeridiani.
I primi film che ricordo di aver visto, dopo la visione della Settimana INCOM, sono quelli di Tarzan e per me Tarzan è Johnny Wiessmuller.
Avevo 6 anni e non ricordo i titoli ma le 21 interruzioni consecutive (le contai) dei titoli di testa. Poi sullo schermo appariva improvvisamente una bianca bolla di calore e, tra le proteste del pubblico, le luci in sala si riaccendevano. Non sapevo che Tarzan fosse un personaggio ricavato dai romanzi di Edgar Rice Burroughs.
Di quei primi anni da spettatore non ricordo molti titoli e non saprei dire se fossero spettacoli serali o pomeridiani.
Ricordo “Sette spose per sette fratelli”, un musical americano che per me rappresentava una novità, abituato com’ero all’urlo di Tarzan rimasi sorpreso al momento della prima canzone, non immaginavo si potesse fare un film, cantato.
Ricordo anche “Kim” con Errol Flynn ma solo perché avevo già letto il libro di Kipling. Il tutto nel mezzo ad una serie “senza titolo” di Jerry Lewis e Stanlio e Ollio. Mentre il primo cow-boy è stato Alan Ladd, ispiratore delle mie cavalcate in groppa al cavalletto del bucato di mia madre.
Ma anche Gary Cooper e John Wayne che all’epoca, riprendendo una vecchia canzone, non era poi tanto americano.
Non ricordo molti titoli ma ricordo il divertimento e le mistocchine⁽³⁾, che una vecchietta vendeva davanti all’ingresso. Mangiate prima di entrare. Odio sgranocchiare al cinema, per me assistere ad un film è un rito. Anche se ho, nel corso della mia vita, visto tali e tante boiate che non meritavano la mia dedizione.
Qui dove vivo ora non c’erano sale cinematografiche sino a due anni addietro, quando hanno inaugurato il nuovo centro commerciale della catena Big C con annessa multisala.
Quando hanno aperto questo centro commerciale emi è stato proposto di andare al cinema, ho subito dato un’occhiata ai cartelloni dei film in programma. Scorrendo i titoli, intanto ripescavo la pazienza appresa nell’assistere a tante boiate (pazienza che negli anni avevo potuto abbandonare, visto l’ampliarsi della mia mobilità e quindi della scelta). Inutile dire che qui proiettano solo spettacoli in lingua thailandese, raramente con sottotitoli in inglese.
Ho accettato la proposta di andare al cinema. E così mi sono ritrovato ad assistere al 18° o 19° remake di un film che narra la vicenda di una donna, o meglio un fantasma: Mae Nak (แม่ นาก).
La vicenda, per molti avvenuta realmente all’epoca di Re Mongkut (Rama IV, Re del Siam dal 1851 al 1868), racconta di un fantasma thailandese.
Ho accuratamente evitato di affrontare, con i miei convintissimi ospiti, l’argomento fantasma o vicenda reale. D’altra parte i fantasmi da sempre esistono anche in Italia ed io sarò anche molto donchisciottesco ma non al punto da mettermi a combattere contro i fantasmi.
La storia narra di una giovane e bella ragazza, Nak, che viveva a Phra Khanong uno dei tanti canali della Venezia d’oriente: Bangkok, e del suo amore eterno per il marito, Mak.
Dopo qualche preambolo sentimentale tra i due giovani, con sullo sfondo l’ovattata scenografia della giungla e dei canali di Bangkok, ci ritroviamo con Nak incinta e Mak che viene arruolato e mandato alla guerra. Qui dove il giovanotto viene gravemente ferito e, nel mentre lui è ricoverato a Bangkok per essere curato, Nak ed il figlio muoiono durante un difficile parto. E si potrebbe dire che qui inizia veramente il racconto (ed anche il film)
Mak, completamente ristabilito ed all’oscuro degli eventi capitati alla consorte ed al figlio, torna a casa e trova l’amata moglie e il figlioletto che lo accolgono. A dire la verità: nessuna sorpresa per alcuno. Come Mak non è sorpreso di ritrovare i suoi cari a casa, anche noi spettatori non siamo sorpresi che Nak sia un fantasma. L’abbiamo vista morire di parto ma, nel percorso di avvicinamento in barca di Mak a casa, abbiamo assistito alle morti violente (con dovizia di primi piani sanguinolenti) dei vicini di casa che cercavano di avvertirlo della reale situazione e l’autrice della strage era il fantasma di Mak.
Seguono brevi sequenze di quella che pare una felicità ritrovata da parte di una giovane famiglia, con pochi vicini, ma circondata da un paradiso terrestre. Poi, un giorno, mentre Nak sta preparando del nam phrik ⁽⁵⁾ un lime le cade sul pavimento e, ruzzolando, cade dal portico e finisce nel prato (per chiarezza: la classica casa thai su palafitte). Vuoi che avesse fretta di cucinare, vuoi che fosse distratta, Nak, restando seduta davanti al mortaio, allunga il braccio, sì, proprio come Tiramolla, per recuperare il frutto.
Titoli di coda
Pur non modificando l’assunto di base, ci sono diverse versioni sia della storia sia dell’epoca in cui si sarebbe svolta la vicenda reale.
La protagonista, Mae Nak (แม่ นาก), è conosciuta anche con altri nomi: Mae Nak Phra Khanong (แม่ นาก พระโขนง), o più semplicemente Nang Nak (นาง นาก). La vicenda è stata riproposta in tanti film, una serie TV ed anche un’opera lirica (autore Somtow Sucharitkul). Per parte mia, pur avendo visto solo questa pellicola, credo di aver assistito ad uno dei peggiori rifacimenti di tutta la lunga serie. Un santuario dedicato a Mae Nak è a Suan Luang (Prakhanong), quartiere della moderna Bangkok. La parola thai แม่ (mæ) ha diversi significati ed usi, l’uso prevalente equivale a madre, mamma.
1. Via d’alaggio – L’alaggio è il traino di un’imbarcazione dalla terraferma. Effettuato con robuste funi dette alzaie era prevalentemente usato per i trasporti fluviali o lungo un canale e veniva effettuato su una strada, che costeggiava i fiumi o i canali, che consentiva un agevole svolgimento dell’alaggio, sia con traino umano che animale. Le strade di alaggio erano molto comuni in tutta Europa. Nel caso del mio paese natale l’alaggio si effettuava lungo il Canale Corsini che congiunge il porto di Ravenna a Marina di Ravenna (già Porto Corsini). In tutta Italia non credo esista altra via d’alaggio che conservi il nome originario.
2. Gli archivi storici della Marina confermano che il primo caduto è stato l’operaio militarizzato dell’Arsenale di Venezia, Natale Zen. Morto nel bombardamento di Porto Corsini che iniziò esattamente alle ore 3.30 del 24 maggio 1915. La questione del primo caduto in assoluto è controversa, di certo si tratta del primo “marinaio”.
3. Mistocchina: Dolce povero. Ricetta e preparazione: 500 gr di farina di castagne impastata con acqua calda qb ed un pizzico di sale, stendere l’impasto con spessore circa 1 cm. Ritagliare dei rombi e cuocere in forno ben caldo.
4. Nam prik (น้ำพริก). Termine generico per indicare alcuni tipi di salsa più o meno piccante e viscosa, a base di peperoncino, tipiche della cucina tailandese. Ingredienti comuni sono: peperoncini freschi e/o secchi, aglio, sale o salsa di pesce, succo di lime e spesso un qualche tipo di pesce o pasta di gamberetti o maiale ma anche scarafaggi. La sua preparazione tradizionale prevede che gli ingredienti vengano amalgamati utilizzando il mortaio.
“I film sono meglio dei preti, degli psichiatri e dell’aspirina. Seduto nell’oscurità viaggi attraverso le immagini e dimentichi il presente. A volte ti annoi e altre ti diverti ma dimentichi sempre il presente. L’unica cosa che mi rompe dei film, belli o brutti che siano, è la parola Fine.” (Cinema Albero – Efraim Medina Reyes – Ed. Fusi Orari)
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