Violenza durante il blitz delle forze dell’ordine contro un sito occupato dagli attivisti antigovernativi. Intanto la premier è indagata per “negligenza” riguardo ai sussidi ai risicoltori
BANGKOK (Asiablog) – Quattro uomini – un poliziotto e tre manifestanti – sono rimasti uccisi negli scontri a fuoco scoppiati oggi a Bangkok tra forze dell’ordine e attivisti anti-governativi del People’s Democratic Reform Committee (PDRC).
I funzionari della sicurezza hanno dichiarato che 15.000 agenti sono stati coinvolti nell’operazione, denominata “Pace per Bangkok,” volta a sgombrare i manifestanti da alcune zone al centro di Bangkok, in particolare intorno al Palazzo del Governo ed alcuni uffici governativi nel nord della capitale.
SCONTRI – Gli scontri che hanno causato morti e feriti sono avvenuti nell’area di Pan Fah, vicino al viale Rajadamnoen, nel cuore della vecchia Bangkok, non lontano dal Palazzo Reale, Kao San Road e altre attrazioni turistiche. Qui la polizia ha incontrato la resistenza agguerrita dei manifestanti armati di fionde, pistole, fucili ed esplosivi.
Fallite le trattative per convincere gli antigovernativi a liberare l’area, la situazione è precipitata quando le forze dell’ordine hanno cercato di forzare le barricate lanciando gas lacrimogeni e gli attivisti del PDRC hanno risposto con pallottole e granate, ferendo diversi poliziotti. Ne è seguita una sparatoria nella quale sono state colpite decine di persone in entrambi gli schieramenti.
L’operazione Pace per Bangkok è fallita e la polizia si è ritirata per evitare ulteriore spergimento di sangue. 183 persone sono state arrestate per aver violato lo stato d’emergenza, in vigore dal mese scorso, che vieta assembramenti e possesso di armi. Uno dei leader del PDRC è stato fermato e chiuso in una camionetta, solo per essere liberato poco dopo da un gruppo di attivisti armati.
RISO – In una giornata segnata dalla violenza, l’Agenzia Nazionale Anti-Corruzione ha deciso di accusare la prima ministra thailandese Yingluck Shinawatra di “negligenza” nell’ambito di un controverso programma di sussidio ai produttori di riso. Attraverso questo programma, che rappresentava uno dei fiori all’occhiello del partito Pheu Thai durante la campagna elettorale del 2011, agli agricoltori sono stati promessi prezzi del riso più alti di quelli del mercato globale. Ma i sussidi, che nel frattempo hanno creato una voragine nel bilancio statale, costituiscono uno dei principali capi d’accusa mossi contro il governo “populista” dal movimento del PDRC.
Il programma di sussidi, già vicino al collasso, ha subito un ennesimo duro colpo quando una la Cassa di Risparmio del Governo (GSB) ha annunciato che non avrebbe concesso ulteriori prestiti ad una banca agricola statale deputata a sostenere il regime di sussidi. C’è profonda confusione circa i poteri costituzionali del governo, che lavora ad interim da quando ha sciolto le camere ad inizio dicembre. Fatto sta che esso non è stato in grado di ottenere dalle banche i fondi necessari per pagare i coltivatori di riso. Lo riferiscono i media thailandesi, specificando che la premier è stata convocata per il 27 febbraio ad un’udienza dell’Agenzia Anti-Corruzione in cui le saranno letti i capi di imputazione. Il rischio è l’impeachment.
ELEZIONI REGOLARI – Sempre sul fronte legale, la settimana scorsa la Corte Costituzionale thailandese aveva bocciato la richiesta di annullamento delle elezioni presentata dal partito di opposizione Phak Prajatipat (PP) e della sua ala movimentista del PDRC, che hanno impedito a diversi milioni di persone di recarsi alle urne per le elezioni nazionali del 2 febbraio, stabilendo che non ci sono i termini per procedere all’annullamento. Phak Prajatipat e PDRC avevano bollato le elezioni come “incostituzionali” ed avevano chiesto lo scioglimento del partito di maggioranza Pheu Thai e l’interdizione dei suoi dirigenti dalla politica per cinque anni.
Uno degli argomenti dei ricorrenti era il mancato completamento delle operazioni di voto nell’arco di un’unica giornata, come prescrive la Costituzione: la Corte ha però riconosciuto che la responsabilità del prolungamento delle operazioni va addossata a PP e al PDRC che hanno messo in atto blocchi e intimidazioni presso diversi seggi nella capitale e nel centro-sud del paese. La premier thailandese aveva sciolto il Parlamento e indetto elezioni anticipate per placare le proteste di piazza piazza del PP e PDRC.
Nel frattempo, la Commissione Elettorale ha dichiarato che cercherà di organizzare nuove elezioni nelle nove province del sud e nelle altre aree dove il 2 febbraio PP e PDRC sono riusciti ad impedire il regolare svolgimento delle elezioni bloccando la distribuzione delle schede elettorali o forzando la chiusura dei seggi.
La rivolta anti-governativa mira a forzare le dimissioni del primo ministro, sospendere la democrazia e istallare un “Consiglio popolare” che dovrebbe apportare riforme per impedire alla famiglia Shinawatra di vincere le seguenti elezioni.
“Siamo stati eletti tramite regolari elezioni e nell’ambito di un regime democratico,” ha dichiarato la signora Yingluck. “Non possiamo dare il potere nelle mani di un organismo non eletto, significherebbe voltare le spalle al popolo thailandese, alla Costituzione e alla democrazia.”