Il paese che fu di Chinggis Khan sembra sempre più interessato a proiettarsi sulla scena delle relazioni internazionali, non più come conquistatore bensì come mediatore. Stretta nella morsa di due scomodi vicini, ora più ora meno alleati, quali Unione Sovietica e Cina, la Mongolia ha saputo farsi forte della situazione acquisendo la capacità di diventare tramite tra paesi in rapporti non sempre amichevoli. Questa sorta di politica del buon vicinato risulta ora molto importante per mantenere un contatto con la remota Corea del Nord, visto che Pechino, come dimostrato dalle crisi dei mesi scorsi, non ha più intenzione di fare da scudo, e megafono, al regime di Pyongyang.
La Mongolia è stato il primo paese comunista a guardare verso Ovest, già nel 1989, aderendo a pricipi democratici e di libero mercato. Subito dopo intraprese la “politica del terzo vicino” instaurando rapporti sempre più stretti con l’Unione Europea, che tuttavia diventarono davvero effettivi solo quando la Mongolia scoprì di avere enormi ricchezze nel sottosuolo, non caso la firma di un vero e proprio accordo commerciale, il Partnership Cooperation Agreement (PCA), avvenne solo nel 2013. Oggi la crescita economica mongola è tra le più alte in Asia, trainata del settore estrattivo, e la corsa allo sfruttamento delle sue miniere sta alimentando una vera e propria competizione internazionale.
Allo stesso tempo la Mongolia ha mantenuto un forte rapporto diplomatico con la Corea del Nord, eccettuata una breve crisi tra il 1999 ed il 2002, le cui origini possono essere fatte risalire alla seconda guerra mondiale, quando il futuro leader nordcoreano Kim Il Sung si unì alle forze mongole per combattere i giapponesi. Proprio recentemente i due paesi hanno firmato accordi di diversa natura, in quella che è stata la prima visita ufficiale a Pyongyang di un capo di Stato staniero, in questo caso il mongolo Tsakhia Elbegdorj, dopo la salita al potere di Kim Jong Un. Sui contenuti degli accordi è stato mantenuto un certo riserbo ma sembra che i mongoli si siano dimostrati molto interessati ai porti nordcoreani, da dove esportare le proprie risorse, nonché agli investimenti commerciali in corso nella raffineria nordocoreana di Sungri.
Sungri è inserita nella zona economica speciale di Rason, punto di arrivo di una linea ferroviaria russa recentemente ricostruita, che congiunge Rason a Khasan, in Russia. Nonostante i binari corrano per un tratto relativamente poco esteso, soli 54 Km, questa ferrovia passa per un tratto dove Russia e Corea del Nord confinano direttamente, senza che le merci debbano entrare in territorio cinese. La Mongolia quindi potrebbe essere per Pyongyang un partner fondamentale per uscire dall’isolamento, fornendo inoltre un accesso al mare per le esportazioni mongole, con tutto l’interesse di una Russia sempre meno a suo agio nei rapporti con la Cina.
Altro importante paese con il quale la Corea del Nord ha recentemente stipulato accordi, ma di tutt’altra natura, tramite la Mongolia è il Giappone. Ulaanbaatar, nonostante le vicende passate, ha buoni rapporti con Tokyo, il che le ha permesso di fare da mediatrice nella conclusione della crisi dovuta ai cittadini giapponesi rapiti da agenti nordcoreani negli anni settanta ed ottanta. Lo stesso Kim Jong Il, a suo tempo, ammise che diversi giapponesi furono “prelevati” sia in Asia che in Europa, per diventare insegnanti di giapponese nelle scuole dei servizi segreti nordcoreani. La vicenda aveva suscitato enorme scalpore quando rivelata, tanto più che solo una parte dei giapponesi in questione tornò poi in patria, per gli altri Pyongyang presentò certificati di morte sulla cui autenticità i dubbi non sono mai stati chiariti.
La Mongolia sembra quindi prendere il posto della Cina nei rapporti con la Corea del Nord, e di questa verso il resto del mondo, veicolando una serie di investimenti verso il regime di Pyongyang. L’attuale dirigenza nordcoreana, a partire da Kim Jong Un, sembra intenzionata a procedere sulla via delle riforme nonostante le resistenze interne, provenienti soprattutto dalla casta dei militari, non siano ancora del tutto sconfitte. Resta da capire in tutto ciò quanta parte abbia la volontà di allontanarsi da Pechino, capitale notoriamente non amata dai mongoli, paradossalmente proprio ora che la Cina sembra voler cambiare direzione di marcia.
Fonte immagine: Flickr
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