Proteste a Bangkok. Atmosfera tesa.
BANGKOK (Asiablog) –La capitale thailandese è di nuovo teatro di proteste di piazza, con i gruppi che si oppongono al disegno di legge di amnistia che inscenano manifestazioni nel cuore di Bangkok da oramai dieci giorni.
AMNISTIA E THAKSIN – Il testo, già adottato dalla Camera Bassa, si propone di annullare i processi e le condanne relative ai reati politici che hanno scosso il Regno dal 2004 al 2011, ad eccezione dei reati di lesa maestà. Se approvato anche dal Senato, spianerebbe la strada ad un possibile ritorno del controverso ex primo ministro Thaksin Shinawatra. Dopo tre larghissime vittorie elettorali, Thaksin venne rovesciato da un colpo di stato nel 2006. Da allora vive in esilio all’estero per sfuggire a diverse condanne per corruzione, che egli considera politicamente motivate. Ad ogni modo, Thaksin continua ad avere una grandissima influenza politica, tanto che sua sorella minore, Yingluck Shinawatra, è l’attuale primo ministro in seguito alla vittoria nelle elezioni del 2011.
GIALLI: NO A THAKSIN – Le Camicie Gialle e l’ultra-monarchico e filo-militare ‘Partito Democratico’ si oppongono all’amnistia chiedendo che non vengano cancellate le condanne di corruzione per Thaksin. “La realtà è che una volta che viene pronunciato il nome di Thaksin, il paese intero impazzisce”, ha scritto il commentatore politico Voranai Vanijaka sul quotidiano conservatore Bangkok Post. Ma oltre all’isteria della piazza, ci sono anche calcoli politici ben precisi: Gialli e ‘democratici’ stanno rapidamente cercando di cavalcare la rabbia popolare contro questa proposta di legge per cercare di dare una spallata al Governo. “Se il partito Pheu Thai insiste nel voler far tornare Thaksin con lo stratagemma della legge di amnistia, il rischio di scontri di piazza si fa serio, forse inevitabile,” ha avvertito un editoriale del quotidiano economico di tendenze anti-thaksiniane The Nation.
ROSSI DIVISI SULL’AMNISTIA – Il testo adottato in prima lettura alla Camera dei Rappresentanti la notte del 31 ottobre ha irritato non solo gli ultra-monarchici delle Camicie Gialle, ma anche alcuni gruppi delle Camicie Rosse, tradizionalmente sostenitori di Thaksin. La base delle Camicie Rosse, che ha combattuto per le strade nel 2010 contro il governo di Abhisit Vejjajiva, per poi sostenere il governo Pheu Thai guidato da Yingluck, sorella di Thaksin, è in parte infelice. Questi attivisti vogliono che siano perseguiti i responsabili della sanguinosa repressione del 2010, vale a dire l’esercito e il primo ministro dell’epoca, Abhisit Vejjajiva, già sotto processo per omicidio. Altri settori delle Camicie Rosse, al contrario, chiedono ai loro sostenitori di appoggiare l’amnistia voluta dal partito Pheu Thai, che favorirà il rilascio di decine di attivisti rossi ancora in carcere. Uno dei leader dei rossi, Nattawut Saikuar, ha annunciato che domenica partirà una manifestazione per “dimostrare l’unità delle Camicie Rosse” e per “proteggere la democrazia” dalle proteste degli ultra-monarchici, che già nel 2006 e nel 1976 funsero da preludio e giustificazione per colpi di stato militari contro governi legittimi.
CASO POLENGHI – L’attivista italiana Isa Polenghi, sorella del giornalista Fabio, vittima della violenza dell’esercito thailandese, ha inviato una lettera aperta al primo ministro Yingluck e ai parlamentari definendo il progetto di legge “un grave errore, la scelta peggiore.”
Fonte immagine: @MrNaling