Le autorità cinesi sembrano non avere dubbi, la pista da seguire per l’auto esplosa in Piazza Tiananmen porta agli uiguri dello Xinjiang, e proprio tra la comunità musulmana si stanno cercando i complici degli attentatori. Nella stessa capitale cinese sono in corso raid delle forze nell’ordine nelle zone della città abitate dagli uiguri, che lamentano vere e proprie violenze nei loro confronti. Ma da dove proviene davvero il primo attentato suicida della storia cinese contemporanea?
Le fonti governative hanno, con una certa discrepanza temporale tra le veline destinate all’estero e quelle ad uso interno, dichiarato ufficialmente che i membri del “commando” in azione nella capitale erano membri dell’ ETIM (East Islamic Turkestan Movement). Questo movimento separatista venne dichiarato terrorista da Pechino dopo gli attentati alle Twin Towers dell’ 11 settembre 2001, facendo della Cina un membro dell’alleanza contro il terrorismo internazionale. Tuttavia molti analisti hanno il sospetto che le autorità cinesi abbiano esagerato la pericolosità di questo movimento, a fini strumentali.
L’ETIM venne fondato una prima volta nel 1993, ma senza riuscire a darsi una struttura organizzativa, venendo poi rifondato due anni più tardi da Hasan Mahsum, noto anche come Abu-Muhammad al-Turkestan, un musulmano originario della zona di Kashgar. La base operativa divenne presto Kabul, dove l’ETIM si legò ad Al-Qaeda ed Osama Bin-Laden, seguendo le orme di un altro movimento islamico integralista centroasiatico, ossia l’IMU (Islamic Movement of Uzbekistan). E proprio come il gruppo uzbeko l’ETIM assunse in Afghanistan una dimensione più globale rivolta all’intera Asia Centrale, e non solo alla lotta anticinese nello Xinjiang.
Proprio la vicinanza con Al-Qaeda lascia qualche dubbio sul fatto che l’ETIM, da sempre ritenuto sovrastimato, possa essere responsabile di un attentato fuori dallo Xinjiang, e soprattutto un attentato nel cuore stesso della potenza cinese. Al-Qaeda, almeno secondo fonti ufficiali, ha da tempo lasciato l’Afghanistan – spostandosi in particolare nella zona sahariana e nello Yemen – a seguito del peggioramento dei rapporti con i talebani. Durante la guerra afghana sono stati numerosi i combattenti provenienti dallo Xinjiang ma questi, come la maggior parte dei mujahedin non afghani, furono inquadrati tra le file dell’IMU, per esigenze politiche del movimento talebano.
Questo inquadramento fu all’origine dell’”internazionalizzazione” dello stesso IMU, ed anche dell’ETIM, che divenne una vera e propria centrale dell’islamismo radicale centroasiatico. Tuttavia secondo gli analisti questi movimenti erano fino ad oggi in disarmo, privi di mezzi e orfani dei loro capi (Mahsum venne ucciso nel 2003), e questo lascia qualche dubbio sulla reale responsabilità dell’attentato di Pechino. Certo, l’ipotesi che l’attentato sia collegato a reduci della guerra afghana rientrati nello Xinjiang potrebbe essere una risposta, così come la volontà dell’ETIM di non inquadrarsi oggi in una vera e propria struttura organizzativa, restando invece una “fonte d’ispirazione”, potrebbe spiegare la strana circostanza secondo la quale i tre attentatori di Piazza Tienanmen sarebbero parte dello stesso nucleo familiare (tra cui due donne).
Capire se l’ETIM esista ancora, ed in che misura, è arduo per via della segretezza che avvolge i vertici di gran parte dei movimenti integralisti islamici. Quello che sembra invece essere sicuro è che la situazione nello Xinjiang possa essere ritenuta esplosiva, facendo della regione un vero e proprio serbatoio per ideologie radicali. Gli uiguri, pur essendo la maggioranza etnica, sono da sempre esclusi da ruoli di governo della loro terra, tantopiù ora che l’Ovest della Cina sta diventando una zona di importanza strategica fondamentale, vera e propria porta verso occidente per i commerci cinesi. La repressione di Pechino allinea la Cina ai paesi centroasiatici, da tempo alle prese con il fondamentalismo islamico, aumentando le possibilità di una vera e propria escalation della violenza da parte di popolazioni sempre più povere e maltrattate.
Nel frattempo le autorità cinesi si preparano al prossimo Congresso del Partito Comunista, dove si prevede la vicenda non sarà senza conseguenze. Per ora l’unico “siluramento” è stato quello di Peng Yong, capo militare della regione dello Xinjang, una carica di assoluto primo livello, mentre Guo Jinlong, segretario pechinese del partito, ha dichiarato, in merito all’attentato, che le forse di sicurezza “devono imparare la lezione”. Gli uiguri temono di sapere quale lezione sia…
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