Mentre l’Italia pare avviata, in larga parte inconsapevole, apatica e sostanzialmente immobile, verso la catastrofe sociale ed economica, osserviamo il naturale fenomeno di personaggi al potere che si stringono intorno al loro signore protettore. Come una corte grassa e gonfia di vino e vizi di fronte alla plebe che minaccia di scagliarsi contro il Palazzo, i ciambellani sentono l’esigenza di ricordare al popolino che il sovrano, simbolo e garante dello status quo, va pregato e ossequiato come perno e incarnazione di tutto ciò che è bene, giusto ed alto.
I membri di questa coorte si fanno allora cavalieri del saggio duce, ultimo pilastro e argine contro le orde anarchiche e maligne dei barbari alle porte. Questi animi nobili si sentono in dovere di ricordarci che Egli, il Grande Capo, guida illuminata di un volgo notoriamente imbelle ed altresì incapace di gestire quella sovranità che in via del tutto teorica gli appartiene, deve essere oggetto di quel profondo rispetto che si deve agli uomini di alta dignità o di grandi meriti.
Gli imbecilli e gli ignoranti, come anche i delinquenti, anarchici, populisti, atei, profani, apostati e infedeli di tutte le risme, vale a dire coloro che rifiutano di riconoscere la divina investitura e la sacra infallibilità del saggio leader, o che osano addirittura nominarne il nome invano, minacciando con la loro insolente e amorale protervia gli antichi costumi delle terre dei nostri padri, meritano con ogni evidenza la censura, la perdita dei diritti politici, e le massime punizioni previste dalle Legge o da tribunali speciali appositamente creati per difendere le istituzioni contro i terroristi che si agitano per rovesciarle.
A tal proposito, desideriamo dunque esprimere la nostra umile riverenza nonchè solidarietà vera alla Signora Marina Sereni da Foligno, che ieri ha esercitato legittimamente i suoi poteri per fronteggiare l’attacco del provocatore Manlio Di Stefano (video in alto). Il villano, facendosi scudo dei 8.689.458 voti ottenuti dalla sua banda di briganti alle votazioni gentilmente concesse da Sua Santità il Presidente nell’anno del Signore 2013, ha preso parola in Assemblea Legislativa non per osannare il simbolo dell’unione nazionale, Giorgio Napolitano, ma bensì per vomitare il suo libero pensiero in modo non consono alle usanze del regno. Nonostante l’Articolo 90 della Carta non contenga, per mera sbadataggine dei costituenti, il principio di incriticabilità del Capo, è ovvio come e quanto un tale vizioso comportamento costituirebbe una lesione potenzialmente letale nei confronti dei principi cardine che garantiscono la quieta convivenza civile, la vivibilità, l’igiene e, non da ultimo, il pubblico decoro.
Rimasti basiti di fronte all’inqualificabile affronto del tribuno Manlio Di Stefano, desideriamo esprimere il nostro profondo sdegno verso cotale vilissimo individuo. Al contempo, in qualità di sudditi di codesto regno, vorremmo manifestare la nostra sorpresa nell’assistere alla perniciosa opera di minimizzazione del grave episodio operata dalla stampa, popolata da penne ahinoi eccezionalmente corrotte e pusillanimi. Un crimine della gravità di quello commesso da un delinquente politico della volgarità e bassezza di Manlio Di Stefano, mera escrezione del populismo più violento e anti-sociale, meriterebbe tutt’altra strigliata da parte della nostra stampa libera. Ben altro coraggio, forza, e audacia, vorremmo udire dalle radio, dai cinegiornali e dai quotidiani del popolo. È l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende, e le penne debbono essere, come noto, affilate come spade per difendere le conquiste delle forze vive del paese. E’ di questo che l’italiano sente il bisogno, nel bel mezzo di una congiuntura storica straordinariamente negativa, nella quale i prezzi di tutti i beni si fanno sempre più alti, le botteghe chiudono i battenti, le casse statali sono gravate da un debito tra i meno rimborsabili del globo terraqueo, la disoccupazione raggiunge cifre record, e le conquiste civili, sociali e democratiche ottenute dagli Anni Cinquanta del Novecento vengono attaccate, screditate ed erose giorno dopo giorno. Nel mezzo di questa difficile battaglia che minaccia la nobile ed antica civilizzazione italica, che mai si dimentichi che tutto potrebbe andar molto peggio, e se non va peggio è proprio grazie al Capo e al suo manipolo di cavalieri, ai quali dobbiamo gratitudine e riconoscenza.
Dunque, per il bene di noi tutti, e soprattutto di qualcuno, lunga vita al Capo e a tutti i cortigiani.
Articolo 90
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
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