– Prese parte alle sollevazioni del 14 ottobre del 1973? – chiese uno dei capi del dipartimento.
– No. La mattina del 14 ottobre 1973 rimasi nel tempio dove vivo, imparando a leggere uno scritto pali col monaco che ho servito come accolito. Egli può garantire per questo.La mattina del 14 ottobre, proprio prima che Prem si apprestasse ad andare all’università, si era presentato Rit che aveva esortato l’amico a unirsi alla protesta inscenata da una immensa massa di studenti nel campus universitario. Ma il monaco aveva vietato al suo accolito di lasciare i suoi alloggi – So quello che sta per succedere – aveva detto il monaco – Non devi andare. Te lo vieto.
Quel giorno fatidico centinaia di studenti uscirono in corteo dalle università. Molti furono uccisi dalle truppe che sparavano dai carri armati e dagli elicotteri. Anche Rit cadde e morì , col cranio rotto. … “Vieni con me” aveva detto Rit “ e saprai cosa vuol dire la parola libertà scritta sulle monete straniere”. (Pira Sudham – La terra dei monsoni – Ed. Besa)
La Thailandia, che nel 1932 usciva dalla Monarchia assoluta per passare sotto varie dittatura militari intramezzate da brevi parentesi para democratiche, si ritrovò così al 14 ottobre 1973. Quel giorno le manifestazioni degli studenti democratici furono interrotte dall’intervento dell’esercito e la giornata finì con 70 dimostranti uccisi e 800 feriti.
Ma la parentesi democratica che si aprì, sulle ali dello sdegno per l’accaduto e comunque sempre sotto “l’ala protettrice dei militari”, si interruppe di nuovo nell’ottobre del 1976 dopo settimane di tensione tra studenti e polizia appoggiata da gruppi nazionalisti. Ai morti del 1973 si aggiunsero altri morti ed i sopravvissuti si unirono agli attivisti comunisti rifugiati sulle montagne ma nel giro di pochi anni tutti verranno decimati o “rieducati”.
“In realtà attribuire ideali comunisti al movimento ribelle dell’Esarn (Ndr. trascrizione fonetica anglicizzante del termine อีสาน – Isaan) in blocco non è del tutto corretto. Molti gruppi di sovversivi non erano affatto comunisti, tanto che dopo i massacri alle università di Bangkok nel 1973 e nel 1976 moltissimi studenti decisero di unirsi alla resistenza armata dissidente dell’Esarn, e molti di loro non erano certo mossi da ideali comunisti, ma piuttosto da una sincera voglia di libertà, dalla necessità di vivere in uno stato con una vera Costituzione ed una Democrazia finalmente non solo promessa”.
(Alessandro Borsari – La Thailandia di P. Sudham e S.P. Somtow – Università di Udine, anno accademico 2002/03)
“Erano otto anni prima che Prai Pachanai se ne andasse da Prek Nam Deng per farsi bracciante agricolo e trovasse lavoro nella canna da zucchero (…) diventasse un terrorista e morisse colpito da una pallottola, una notte della stagione calda in un villaggio (…) mentre faceva un indottrinamento di massa alla luce di un lume a petrolio e di torce di resina, nella fornace e nel torpore di una notte senza vento (…) era un comunista di formazione sommaria, rimasto fedele all’ideale puro e duro fino all’estremo respiro, esalato quando tentò di raccogliere le ultime forze per gridare:”Viva il Partito comunista di Thailandia”; morì senza nemmeno immaginarsi che la pallottola che gli aveva trapassato il ventre spezzandogli la colonna vertebrale fosse uscita da un M16 tra le mani di Wan-rung Theptaro, suo intimo amico, suo coetaneo, con il quale aveva sguazzato nudo nell’acqua (…) morì senza nemmeno immaginarsi di morire per mano di Wan-rung Theptaro, il quale, dopo la quarta elementare , era andato a lavorare nei campi con i suoi genitori, dedicandosi alla boxe thailandese nel tempo libero (…) e per mancanza di rigore s’era lasciato indurre a entrare nel corpo dei volontari dell’esercito (…) cosicché, per farla breve, gli era capitato di ammazzare il suo migliore amico, come nel peggior romanzaccio da quattro soldi.” (Saneh Sangsuk – Una storia vecchia come la pioggia – Ed. ObarraO)
Sino ad arrivare ai tempi più recenti ed ai morti del 1992 e del 2010 in un’ininterrotta scia di sangue. Appena forze democratiche cercano di conquistare uno spazio nella politica attiva ecco che il rumore di sciabole, sottofondo costante della vita politica thai, diventare sciabola brandita per offendere.
“I cento morti della repressione «manu armata» dei fasci siciliani negli anni 1893 e 1894, le ottanta persone uccise nel 1898 a colpi di cannone e mortaio dal generale Bava Beccaris, pure decorato dal governo per tale <eroica> strage di manifestanti inermi (…) una spirale di violenza (…) nel solo biennio 1920-21 quattromila tra uomini, donne, bambini e vecchi vengono assassinati nelle vie e nelle piazze d’Italia per mano delle squadre fasciste nella vigile indifferenza – se non con l’appoggio – dei prefetti e delle autorità di pubblica sicurezza (…) la sequenza spaventosa degli omicidi politici: quarantamila bastonati, storpiati, feriti; ventimila esiliati: diecimila confinati (…) la lunga scia di sangue (…) non si arresta con la caduta del regima fascista (…) Da Portella della Ginestra il 1º maggio 1947 (…) dal gennaio 1948 al luglio 1950 verranno uccisi, nel corso di scioperi e dimostrazioni, 62 lavoratori, 3123 saranno feriti (…) a piazza Fontana, a Brescia, l’Italicus… (Saverio Lodato e Roberto Scarpinato – Il ritorno del Principe – Ed. Chiarelettere)
Se togliamo la componente di un esercito che detiene il potere e la sostituiamo con un complesso oligarchico composto da burocrati e ricca borghesia, tutte forze in parte sopravvissute al fascismo, appoggiato dagli Stati Uniti, forse la similitudine Thailandia/Italia può non apparire tanto assurda. Di certo la lotta al “comunismo” nasconde anche, e soprattutto, una lotta ad un ideale di democrazia diverso da quella democrazia imposta, anche con missioni di pace che in realtà sono guerre, dagli Stati Uniti.
Sì lo so, la Thailandia è famosa come “paese dei sorrisi” e non “dei monsoni” ma c’è stato un tempo in cui i “turisti” visitavano un altro “paese dei sorrisi”.
Or gl’ Italiani generalmente parlando, e con quella diversità di proporzioni che bisogna presupporre nelle diverse classi e individui, trattandosi di una nazione intera (…) G’Italiani ridono della vita: ne ridono assai più e con più verità e persuasione intima e disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione. Questo è ben naturale, perché la vita loro val assai meno che per gli altri, e perché egli è certo che i caratteri più vivaci e caldi di natura, come è quello degl’Italiani, diventano i più freddi e apatici quando sono combattuti da circostanze superiori alle loro forze. (…) Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico dei popolacci. (Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani in Tutte le opere – Ed. Sansoni)
«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». (Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)
Il mio viaggio in Thailandia proseguirà ma intanto è arrivato il momento di ringraziare coloro che con scritti, bibliografie, riferimenti, consigli e correzioni mi hanno aiutato e continuano ad aiutarmi in questo mio cammino fatto di tanti interrogativi ed una sola certezza: non esistono soluzioni facili ma, se non sarò io a vedere un mondo migliore, non per questo devo perdere la voglia di conoscere e di capire… e mai perdere la speranza, la pazienza.
Grazie ad Alessandro, Alessio, Pietro e Pino.
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