BANGKOK (Asiablog.it) – Max Weber definisce lo Stato come il monopolio della forza fisica, esercitato tramite l’esercito e la polizia, e il controllo della burocrazia. In particolare, Weber idealizza la burocrazia come un elemento imprescindibile nel processo di razionalizzazione dello Stato: “burocrazia significa fondamentalmente dominio attraverso la conoscenza”, scrive il sociologo di Erfurt.
Karl Marx e Antonio Gramsci aggiungono un altro ingrediente centrale alla nozione di Stato moderno: l’ideologia, propagandata attraverso diverse istituzioni, quali scuola, religioni organizzate e, sempre più efficacemente, i mezzi di comunicazione. La stampa, e poi la televisione, si comportano quindi da potere dello stato (vale a dire dei gruppi sociali che controllano lo stato) disseminando la cultura/ideologia dominante e favorendo il controllo sociale. Nella sua raffigurazione del totalitarismo, Gramsci argomenta che i mezzi di comunicazione vengono utilizzati dalle classi dominanti per mascherare la loro egemonia culturale e presentarla come naturale, conferendogli un’aura di positività, normalità, ed inevitabilità, ed al contempo dipingendo le alternative socio-culturali e politiche come utopiche, impossibili, innaturali e/o pericolose.
In questo contesto, l’ultimo secolo di storia thailandese è uno studio di caso. A titolo di esempio, basti ricordare quanto accadde esattamente sette anni fa. Il 19 settembre 2006, l’Esercito Reale della Thailandia organizzò un colpo di stato contro il Primo Ministro, Thaksin Shinawatra, che si trovava a New York per un discorso alle Nazioni Unite. Thaksin è un uomo controverso, ma non appartiene ed è inviso alla tradizionale elite siamese/thailandese. L’allora Capo del Governo era stato scelto democraticamente dalla maggioranza assoluta degli elettori per tre volte consecutive per via delle sue politiche populiste di ridistribuzione della ricchezza e allargamento del Welfare State, e si apprestava a vincere le nuove elezioni previste per il successivo 15 ottobre successivo con un progetto di sostanziale riforma/modernizzazione del Paese che avrebbe inevitabilmente eroso il potere di stampo feudale del blocco di potere tradizionale. Non riuscendo ad estremetterlo dal potere con metodi democratici, le elite dovettero scomodare l’esercito. Ma in occasione di quel colpo di stato, insieme ai fucili e ai carri armati addobbati con nastrini gialli simboleggianti la monarchia, furono i mezzi di comunicazione a svolgere un ruolo insostituibile.
Come previsto da Marx e Gramsci, e come dimostra iconograficamente la foto in alto, i golpisti, che come prima cosa avevano occupato le redazioni delle radio, dei giornali e delle televisioni — una pratica standard in ogni colpo di stato — utilizzarono i mezzi di comunicazione per convincere la popolazione della bontà della loro azione, coprendola con il manto dell’ideologia dominante (ชาติ ศาสนา พระมหากษัตริย์: Nazionalismo, Religione e Monarchia), un’ideologia plasmata dalle classi dominanti e scolpita nell’immaginario collettivo come positiva, normale ed inevitabile da decenni di propaganda, i cui tratti più celebri sono costituiti dall’eccezionale culto della personalità istituito nei confronti del sovrano e dalla draconiana legge di lesa maestà, che serve a colpire e squualificare dal gioco socio-politico coloro che non si conformano completamente all’ideologia dominante e mettono in discussione i discorsi egemonici.
Ciò significa che, per tentare di giustificare la loro azione armata eversiva, anti-costituzionale ed anti-democratica, le classi dominanti hanno dovuto preventivamernte dipingere il Governo Thaksin come negativo, innaturale e pericoloso per la Nazione, per la Religione, per la Monarchia e, in generale, per la nazione e “cultura thailandese.” In particolare, rispetto ai tre pilastri dell’ideologia di Stato (Nazione, Religione, Monarchia), Thaksin è diventato il traditore della patria che ha venduto beni nazionali fondamentali agli stranieri, un peccatore che ha violato i punti cardine della religione buddhista, e un repubblicano che coltivava l’obiettivo di abbattere la monarchia e farsi Presidente.
In nome della Nazione, del Buddhismo e della Monarchia, il regime militare instaurato dai golpisti sciolse il Governo, il Parlamento ed il partito rappresentante la maggioranza dei cittadini, abolì la “Costituzione del Popolo” del 1997 e cercò di sradicare la cultura democratica thailandese con la paura, la propaganda, la censura, e la violenza, intimidendo semplici attivisti democratici e imprigionando e impedendo per legge a centinaia di deputati e leader politici critici nei confronti del colpo di stato di ripresentarsi alle successive elezioni. L’esercito portò avanti questa opera reazionaria, anti-democratica ed anti-popolare con l’appoggio esplicito o il beneplacito degli altri gruppi dominanti.
Per concludere, va aggiunto che, secondo Joseph Schumpeter, Noam Chomsky ed altri, queste nozioni non si applicano solo ai regimi autoritari ma vanno estese anche alle democrazie contemporanee. In altre parole, anche in una normalissima democrazia i mezzi di comunicazione sono utilizzati per conservare il sistema, (ri)produrre l’ideologia dominante e modellare ed orientare l’opinione pubblica secondo i dettami imposti dai gruppi detentori del potere economico, politico, culturale e mediatico. Ma forse ve ne siete già accorti.