Opportunità di business nel sudest asiatico. Dalle economie mature alle Tigri del futuro, grandi occasioni per la meccanica e l’agroalimentare.
Articolo di Miriam Carraretto, scritto per L’Indro il 7 giugno 2013.
Il 15,3 per cento del potenziale manifatturiero andato in fumo, con una punta del 41,2 per cento nel settore degli autoveicoli e contrazioni di almeno un quinto in 14 settori su 22. In campo industriale, le imprese italiane che hanno chiuso i battenti dal 2009 al 2012 sono state 55mila. Il crollo degli occupati è stato del 10 per cento: in termini assoluti, meno 539mila lavoratori dal 2007 al 2012. Dati allarmanti emersi dalle ultime analisi del Centro studi di Confindustria, in controtendenza, però, alle performance delle nostre imprese su alcuni fiorenti mercati esteri. È il caso dei Paesi ASEAN (Sud-est asiatico), dove la presenza italiana è significativa e le opportunità di crescita interessanti.
“Il dettaglio geografico degli scambi dell’Italia con quell’area conferma, anche per il 2012, che Singapore, Thailandia, Indonesia e Malesia rappresentano, in ordine, i maggiori destinatari dell’export tricolore“, ci spiega Roberto Luongo, Direttore Generale dell’ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Dal punto di vista settoriale, “a fare la parte del leone è la meccanica strumentale made in Italy, che si sta mostrando pronta a soddisfare le esigenze di una rapida industrializzazione della regione del Sud-est asiatico, soprattutto a fronte delle volontà governative di potenziare la trasformazione in loco delle proprie materie“.
Altra punta di eccellenza del nostro export è l’agroalimentare. Per questo settore i mercati ASEAN sono tra i più promettenti, con una dinamicità pari a quella cinese, ma con una popolazione che li rende ancora più accattivanti. “A trainare la domanda sono pasta, olio d’oliva, conserve, vino, condimenti come l’aceto balsamico, formaggi, cereali, caffè“. Nei primi sette mesi del 2012 le esportazioni alimentari italiane in quelle aree hanno raggiunto i 200 milioni di euro, con un aumento del 15,5 per cento sullo stesso periodo del 2011.
Nei soli Paesi dell’ASEAN la crescita è ancora maggiore e sfiora il 30 per cento. “Nel prossimo triennio – prosegue Luongo – il Laos avrà una crescita media annua del 7,4 per cento, l’Indonesia del 6,4, il Vietnam del 5,6, le Filippine del 5,5, la Thailandia del 5,1, la Malesia del 5,1, Singapore del 3,1 e il Brunei del 2,4“. I dieci Paesi aderenti rappresentano un importante mercato di sbocco per le nostre produzioni, “soprattutto perché da qualche tempo nell’area asiatica sta emergendo una domanda di beni a maggior valore aggiunto che apprezza sempre più la qualità e il design italiano“.
Verso gli ASEAN l’Italia ha esportato, nel 2011, beni per oltre 5.590 milioni di euro. Le esportazioni risultano particolarmente sostenute anche nei primi nove mesi del 2012: +15,9 per cento rispetto a gennaio-settembre 2011, per un valore pari a 4.723 milioni di euro. “Su questi risultati – aggiunge Luongo – incidono in modo particolare le esportazioni verso Singapore (27,8 per cento del totale), Thailandia (23 per cento), Indonesia (18,4 per cento) e Malesia (15,8 per cento). Gli incrementi più cospicui e le maggiori opportunità di investimento si sono registrati nel settore degli autoveicoli, delle macchine di impiego generale e per impieghi speciali, nei tubi, condotti, profilati, cavi e relativi accessori in acciaio“.
Vero anche che negli ultimi anni i Governi di questi Paesi hanno adottato misure volte ad aumentare la cooperazione, attirando l’interesse degli investitori stranieri. “Penso in primis all’Indonesia, a Singapore e alla Thailandia, dove un crescente numero di retailer si stanno spostando dalle metropoli verso le aree periferiche. Non è un caso che giganti del calibro di Tesco o di Wal-Mart (per i supermarket), Debenhams, El Corte Inglés o Printemps (per i department store), B&Q e Castorama (nel settore dei bricolage) abbiano scommesso su questi mercati, vedendo in pochi anni moltiplicarsi i rendimenti“.
“Il Myanmar sarà una della prossime Tigri“, ci spiega Giovanni Salinaro, Responsabile Desk Asia e Pacifico dell’Ufficio Studi di SACE. “Il piano di riforme del governo guidato da Thein Sein ha portato molti Paesi occidentali a un primo allentamento delle sanzioni internazionali, in vigore dal 1996. Inoltre, il Paese offre notevoli opportunità di investimento grazie ad un costo del lavoro tra i più bassi dell’area asiatica, all’abbondanza di risorse naturali e ad una popolazione giovane di circa 60 milioni di persone“.
“Per le nostre imprese“, spiega Salinaro “sono interessanti soprattutto le economie già mature, come la Thailandia, dove lo scorso anno le nostre esportazioni hanno segnato una crescita del 22 per cento“. Il Board of Investment ha approvato cinque progetti con quota di capitale italiano non inferiore al 10 per cento per un investimento totale di circa 2,7 milioni di euro nei settori delle costruzioni, logistica, software e componentistica elettronica. “Lì siamo presenti con Ducati, Faber, Danieli, Italcementi, Panapesca, Poly Sun, Quick Pack e Vittoria Lyon Tires“.
Automotive e componentistica elettronica sono due settori di punta per l’economia thailandese, che quest’anno crescerà del 6 per cento, spinta dalla domanda interna che può contare su una popolazione con un salario medio pro capite pari a quello cinese. “Classe media in crescita, elevato tasso di urbanizzazione e interesse della grande distribuzione a commercializzare prodotti made in Italy offrono opportunità per le nostre filiere moda, arredo e alimentare. Il marchio Rinascente, per fare un esempio, è stato acquisito dal gigante del retail thailandese Central Retail“.
Anche Malesia e Vietnam rappresentano sbocchi interessanti, in particolare nei settori automotive e delle costruzioni. “Il governo malese sta facendo molto per potenziare i settori industriali strategici per l’economia nazionale, in particolare l’automotive, il turismo e la componentistica elettronica, dove il Paese occupa una posizione di leadership a livello mondiale. Molti sforzi sono stati fatti anche per lo sviluppo della biotecnologia applicata in campo medico e in agricoltura. Per noi, oltre a questi settori, si aprono nuove opportunità anche nel campo delle energie rinnovabili e in particolare del biofuel, di cui la Malesia è uno dei maggiori produttori al mondo“.
Riguardo al Vietnam, nonostante le esportazioni italiane abbiano subito una contrazione di circa il 10 per cento nel 2012, il gruppo Piaggio ha inaugurato il suo secondo stabilimento raggiungendo una capacità produttiva di 300 mila veicoli l’anno. E hanno completato la realizzazione di unità produttive in loco anche Datalogic, l’investimento diretto italiano di ammontare maggiore negli ultimi anni, con un importo autorizzato di 46 milioni di dollari, Scanning, Carvico, Medexport e Curvatura friulana.
Da tenere d’occhio anche Filippine, Indonesia e Malesia, fra i primi dieci mercati emergenti che entro il 2050 registreranno il maggior incremento della classe media. “A sorpresa – prosegue Salinaro – il podio spetta alle Filippine, dove il reddito medio pro capite crescerà di più e la classe media sarà costituita da oltre 150 milioni di consumatori con nuove esigenze e bisogni da soddisfare“. Il tasso di crescita economica nazionale è il più alto di tutto il Sud-est asiatico e sfiora il 6,1 per cento. “Le imprese italiane sono ancora poco presenti nell’area, ma il peso di questi mercati sui volumi dell’export del BelPaese è cresciuto molto negli ultimi anni. Il Rapporto Export di SACE prevede che il contributo asiatico alla crescita delle esportazioni italiane raggiungerà addirittura il 13,7 per cento nel biennio 2013-2014“.
Lo sviluppo dell’industria manifatturiera, dall’elettronica al tessile, dalla chimica all’agroalimentare, è la gallina dalle uova d’oro soprattutto per la nostra meccanica strumentale. “La crescita dell’edilizia residenziale e del turismo necessita di nuovi prodotti manifatturieri come mobili, infissi, arredo bagno, illuminotecnica”, conclude Salinaro. “Comparti in cui il made in Italy può giocare un ruolo da leader. Senza dimenticare che il gap infrastrutturale e la necessità di ammodernamento del Paese offrono grandi possibilità per gli esportatori italiani.“
Fonte articolo: L’Indro. Fonte immagine: Krishan
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