Angela Kane, rappresentante Onu per il disarmo, lo definisce “non perfetto” ma il Trattato internazionale sul commercio di armi convenzionali firmato l’altro giorno a New York viene comunque considerato “storico”.
L’unica storicità che ci vedo è la durata ventennale della trattativa tra Stati o meglio tra i produttori di armi di stati aderenti all’Onu.
Qui trovate la sofferta definizione del termine “armi convenzionali“, i tristemente famosi droni sono armi non convenzionali ma pare ci siano anche dubbi per munizioni ed amenità varie.
L’accordo viene anche definito “vincolante” ma non si capisce chi siano per ora i vincolati stante il fatto che per essere operativo deve essere sottoposto per l’approvazione alle assemblee legislative di tutti gli stati firmatari ed avrà attuazione solo dopo la firma di 50 stati aderenti (minimo altri due/tre anni di attesa) e comunque le sanzioni previste non superano il rimprovero per gli amici e l’embargo per gli antipatici (ma amicizie e simpatie sono mutevoli).
Ma soprattutto, un accordo per monitorare il commercio di armi convenzionali a cosa serve ? Non certo a diminuire la quantità di armi in commercio. E allora ?
Pare che, se ho ben capito, ad accordo approvato dalla propria nazione, il venditore debba “valutare il rischio compratore”, cioè valutare se quel determinato compratore intenderà usare le armi che acquista per scopi criminali e, se del caso, non vendergliele.
Ora non resta che chiedersi: 1) cosa si intende e chi decide quale sia uno scopo criminale ? 2) a cos’altro possono servire le armi ?
Intanto che cercate le risposte, che non troverete comunque nelle stragi di scolari statunitensi o giovani svedesi e neppure nelle ‘missioni di pace” e in alcune guerre civili/religiose in corso, vi segnalo il sito dello Stockholm International Peace Research Institute che pubblica la sconvolgente classifica dei paesi produttori/esportatori/importatori di armi convenzionali nel mondo (periodo 2008-2012).
Il primato delle esportazioni spetta agli Stati Uniti che detengono il 30% dell’esportazione globale. Seguono: Russia (26%), Germania (7%) e Francia (6%). La Cina, col 5% contro il 2% del quinquennio precedente (2003/2007), ha superato la Gran Bretagna e si segnala per la percentuale di crescita più elevata nel periodo (+17%). Le forniture cinesi finiscono soprattutto in Pakistan.
I maggiori importatori mondiali sono l’India (12% delle importazioni mondiali), Cina (6%) Pakistan (5%), Corea del Sud (5%) e Singapore (4%). Significativo che siano cinque nazioni asiatiche che, se si esclude il Pakistan, sono tutte dotate di uno sviluppato e moderno sistema affaristico commerciale atto ad ogni tipo di triangolazione illecita.
La Russia è il maggior esportatore di armi convenzionali verso il Venezuela (60% dell’importazioni venezuelane) e la Siria (70%). In Africa le importazioni continentali sono cresciute del 100% rispetto ai cinque anni precedenti, soprattutto nel Nord Africa dove le importazioni sono aumentate del 300%. In Europa pare che la crisi economica abbia avuto un effetto collaterale: le importazioni nel periodo si sono ridotte del 20%.
“L’Italia, che nella sua Costituzione dichiara di ripudiare la guerra, ha venduto armi per 3,2 miliardi di dollari in cinque anni (2007-2011).”
(da Armi, un affare di stato –D.Facchini, M.Sasso, F. Vignarca – Ed. Chiarelettere)
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