Nuova tragedia del lavoro in Asia a tre settimane dalla carneficina in Bangladesh. Una fabbrica di scarpe e’ crollata in Cambogia stamattina alle 7:20 ora locale. Almeno due morti, decine di feriti. Operai ancora sotto le macerie. L’ennesimo incidente riaccende la luci mediatiche su un problema, le pessime condizioni di sicurezza nel settore dell’abbigliamento nei paesi poveri, che meriterebbe un’analisi ben piu’ attenta e approfondita.
PHNOM PENH (Asiablog) – L’incidente e’ avvenuto in una fabbrica nella provincia di Kampong Speu, 40km a ovest di Phnom Penh, la capitale della Cambogia. Il crollo sarebbe stato provocato dall’improvviso cedimento del secondo piano dell’edificio, che al momento del fatto ospitava un centinaio di operai. A poche ore dalla tragedia sono stati recuperati già tre corpi senza vita. Una delle vittime, Sim Srey Touch (foto in basso), aveva solo quindici anni. Decine di lavoratori sono stati ricoverati in ospedale. Alcuni sono in condizioni gravissime. Un numero imprecisato di esseri umani sono ancora intrappolati nelle macerie. “Stavamo lavorando normalmente quando improvvisamentealcuni pezzi di mattoni e ferro hanno iniziato a caderci addosso“, ha detto Kong Thary, una delle operaie sopravvissute, ora ricoverata in una clinica della cittadina cambogiana. [L’articolo continua dopo la foto]
PRODUCEVANO SCARPE ASICS – Il complesso industriale, che ha aperto circa un anno fa, è composto da diversi edifici. Chea Muny, capo di un sindacato di lavoratori, ha dichiarato alla Associated Press che la fabbrica in questione sarebbe gestita dalla Wing Star Shoes Co. Ltd., di proprietà taiwanese, e produrrebbe scarpe da ginnastica per la nota marca giapponese di abbigliamento sportivo Asics. Sempre secondo Chea Muny, la struttura dove si è verificato il crollo è stata principalmente utilizzata come magazzino di stoccaggio per le scarpe prodotte in altri edifici, ma aveva una piccola area di lavoro dove si trovavano gli operai al momento del crollo.
ABBIGLIAMENTO IN CAMBOGIA: TANTO LAVORO, SALARI DA FAME – In Cambogia l’industria dell’abbigliamento produce il 16% del Pil ed è il più importante settore di esportazione. Nel 2012, il piccolo paese del suedest asiatico ha esportato più di 4 miliardi di dollari di prodotti verso gli Stati Uniti e l’Europa. Circa 400.000 cambogiani, soprattutto donne, lavorano in più di 500 fabbriche di scarpe ubicate soprattutto intorno alla capitale. Le retribuzioni sono tra le più basse al mondo; recentemente, dopo un’ondata di scioperi nelle fabbriche d’abbigliamento, il governo ha portato il salario minimo mensile a 75 dollari, meno di 60 euro.
RISPARMIARE SULLA PELLE DEGLI OPERAI – L’incidente arriva circa tre settimane dopo il crollo dell’edificio in Bangladesh che ha ucciso 1.127 persone nel peggior disastro industriale del paese, e in uno dei piu’ gravi incidenti del settore dell’abbigliamento globale. [Ne abbiamo parlato QUI e QUI]. Il Bangladesh è il terzo più grande esportatore di abbigliamento in tutto il mondo, dopo la Cina e l’Italia. L’incidente avvenuto oggi in Cambogia “dimostra che il problema non è solo in Bangladesh, e che le aziende stanno cercando di abbassare i prezzi risparmiando sulla sicurezza dei lavoratori“, ha detto Phil Robertson di Human Rights Watch.
I consumatori devono essere informati del fatto che le multinazionali di abbigliamento riescono a tagliare i prezzi dei beni a spese della salute e della vita dei lavoratori e delle lavoratrici dei paesi poveri. Le aziende deveno essere costrette ad assumersi la responsabilità dei salari e della sicurezza degli operai e delle operaie che producono i loro prodotti.
Photo credit: Lauren Crothers (@laurencro), Shane Worrel (Phnom Penh Post)