Pasqua in Cina e rapporti sino-vaticani

Pasqua in Cina

Un gruppo di ragazze cattoliche con delle candele, durante la messa di Pasqua, nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Pechino, in Cina, 30 marzo 2013. Foto MARK RALSTON/AFP

BANGKOK (Asiablog) – C’è chi ha celebrato la Pasqua anche in Cina. Secondo le fonti ufficiali, i cattolici in Cina sono 4 milioni. Al contrario, secondo altre stime i cattolici in Cina sarebbero tra i 10 e i 17 milioni, con solo la metà appartenente alle congregazione riconosciuta dal regime: l’Associazione  Patriottica Cattolica Cinese. Il resto dei credenti appartiene alle ‘Chiesa  sotterranea’, vale a dire illegale e clandestina.

L’Articolo 36 della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese recita:

“Lo stato protegge le normali attività religiose. Nessuno può far uso della religione per intraprendere attività che danneggino l’ordine pubblico, compromettano la salute dei cittadini o interferiscano con il sistema educativo dello stato. I beni e le attività religiose non sono soggette ad alcuna dominazione straniera.” 

In linea con la Costituzione, la legge ordinaria vieta le attività religiose al di fuori dell’Associazione Patriottica poiché interferiscono con il sistema educativo e, in definitiva, sovvertono il potere dello StatoIl regime cinese chiede dunque ai cattolici di non riconoscere l’autorità del Papa e di affermare il primato dello Stato sulla propria aderenza confessionale. Per i “sovversivi”, cioé per chi non rispetta la legge, sono previste severe condanne penali. Secondo la Laogai Research Foundation (LGR), una ONG americana, i casi di prelati morti in seguito a torture sarebbero numerosi, e documentati. Non se la passano meglio i cattolici laici. Nel 2004 una donna di 34 anni, Jiang Zongxiu, è morta in prigione per le percosse ricevute. La donna era stata arrestata perché sorpresa mentre distribuiva Bibbie, vale a dire “propaganda sovversiva”. Sempre secondo la LGR, “nei quasi 1.500 laogai attualmente attivi, si presumono imprigionati da tre a sei milioni di persone, molti dei quali vi si trovano solo perché credenti”. 

La rottura dei rapporti diplomatici tra il Vaticano e la Repubblica Popolare Cinese risale al 1951 a seguito della cacciata dell’internunzio apostolico Antonio Riberi da Nanchino. La ‘perdita’ della Cina rappresenta una falla enorme nella strategia diplomatica vaticana. Con la Cina chiusa ad ogni influenza, il sogno di una Chiesa Universale è di fatto irrealizzabile. Questo scoglio, insieme al mancato miglioramento delle condizioni dei cattolici cinesi, rappresenta una delle maggiori sconfitte degli ultimi due pontecifi: Wojtyla e Ratzinger. Specialmente quest’ultimo fece partire una serie di trattative e contatti riservati che pero’ non diedero i frutti sperati. Ma in seguito ai recenti cambi al vertice a Pechino, con Xi Jinping, e a Roma, con Papa Francesco, le trattative potranno ripartire. I due nuovi protagonisti potrebbero giocare un ruolo chiave nell’evoluzione dei rapporti sino-vaticani. Oppure potrebbe restare tutto immutato, con i due autocrati arroccati nelle loro rispettive ideologie. A rimetterci, ovviamente,sarebbero i poveri cristi.

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
This entry was posted in Asia, Cina, Religione e Laicità and tagged , , , , , , , , , , , , , , . Bookmark the permalink.

Cosa ne pensi di questo post? Lascia un commento