L’operazione “Pillar of Defense” iniziata ieri dallo Stato di Israele rappresenta una pericolosa escalation militare. Si tratta del piu’ grave episodio dal conflitto del 2008-09, quando Israele ha lanciato nella Striscia di Gaza la campagna militare denominata “Piombo Fuso”.
Secondo il premier israeliano Benyamin Netanyahu questo attacco e’ solo una risposta al lancio di razzi da parte di gruppi armati gazawi verso gli insediamenti ebraici nelle vicinanze della Striscia di Gaza:
«la situazione era divenuta insostenibile, dovevamo assolutamente reagire. Nessuna altra nazione al mondo avrebbe accettato una situazione simile».
Ma le argomentazioni addotte da Netanyahu potrebbero essere solo un elemento di un puzzle molto più complesso. Di fatto, l’escalation a Gaza arriva in un momento particolare per Israele, sia per quanto riguarda la sua politica interna, sia a livello regionale che internazionale.
Lo Stato di Israele tornerà a votare a gennaio del 2013 e il leader conservatore Benjamin Netanyahu è sotto pressione affinché risponda in modo fermo contro Hamas, che i residenti e i coloni della zona meridionale del Paese accusano di ripetuti lanci di razzi.
Pochi giorni prima dell’attacco in corso contro Gaza, l’11 novembre, Israele ha colpito anche le posizioni dell’artiglieria siriana poste al confine israelo-siriano nell’ambito degli scontri con i ribelli che tentano di rovesciare il Presidente Bashar al-Assad. Si tratta del primo attacco diretto all’esercito siriano dal 1973.
C’e’ poi da considerare l’onda lunga della Primavera Araba, un fenomeno rivoluzionario che non coincide propriamente con gli interessi geopolitici israeliani. Difatti, le rivolte popolari e i rovesciamenti di diversi regimi autoritari nel Grande Medio Oriente rappresentano un elemento di forte instabilita’ e di rottura di quello status quo che per decenni aveva sostanzialmente permesso la illegale occupazione israeliana di buona parte dei Territori Palestinesi.
In seguito a questi sconvolgimenti regionali, Israele ha perso un’alleanza consolidata, quella con l’Egitto di Mubarak, ed ha danneggiato seriamente quella con un’altra potenza regionale, la Turchia di Erdogan. Per Tel Aviv, la guerra civile in Siria rappresenta un ovvio ennesimo elemento di preoccupazione, cosi come i problemi interni alla Giordania, dove ci sono stati scontri per il costo della benzina.
A livello internazionale, l’attacco arriva in coincidenza con la rielezione alla Casa Bianca del democratico Barack Obama, che ha dimostrato in passato di essere su posizioni diverse rispetto al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Come ad indicare un cambiamento di priorita’, questa volta, a differenza che nel 2008, il primo viaggio all’estero del Presidente degli Stati Uniti non sara’ in Medio Oriente, ma in Asia sudorientale.
Un altro elemento da tenere in considerazione è che l’attacco arriva poche settimane dopo che l’isolamento diplomatico di Hamas è stato rotto dalla visita dell’emiro del Qatar, Hamad al-Thani, e in coincidenza con la volonta dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) di chiedere all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il riconoscimento di “Stato non membro”. Fonti interne all’ANP indicano il prossimo 29 novembre come la data in cui il presidente Abu Mazen si rivolgerà all’Assemblea per fare questa richiesta. Per l’ANP ottenere lo status di “Stato non membro” sarebbe una legitittimazione ufficiale che, almeno nelle speranze palestinesi, potrebbe spingere Israele a sedersi seriamente al tavolo dei negoziati e discutere dell’illegale occupazione della Cisgiordania. Si tratta dunque di un passo fortemente osteggiato da Israele, ma anche dagli Stati Uniti.
In questo complicato mosaico geopolitico, l’attacco israeliano contro Gaza può essere interpretato insieme come una prova di forza e una manovra preventiva che cerca di ribaltare il tavolo e rimescolare le carte in una fase sfavorevole a Tel Aviv. Anche questa volta pero’ la lungimiranza degli strateghi dello Stato ebraico e’ quanto meno opinabile. Gli israeliani hanno assassinato Ahmed Al-Jaabari, capo militare di Hamas a Gaza, considerato un eroe dai palestinesi, e ora bombardano senza sosta e non escludono un’offensiva anche terrestre. Ma i raid aerei hanno ucciso anche civili, compresi un bambino di sette anni e un neonato di undici mesi. Gli attacchi hanno anche scatenato le reazioni dei gruppi armati gazawi, che rispondono lanciando razzi verso i centri abitati israeliani. Secondo fonti israeliane, tre persone sono rimaste uccise nella città israeliana di Kreat Mlakhi.
Il presidente egiziano Mohammed Morsi, che in seguito all’omicidio di Al-Jaabari ha ritirato l’ambasciatore da Tel Aviv, è intervenuto dicendo:
«Quella di Israele è una aggressione inaccettabile, porterà instabilità nella regione».
E’ ancora difficile prevedere quali saranno i prossimi sviluppi, ma secondo autorevoli osservatori una ulteriore escalation è “molto probabile”. Alla rappresaglia palestinese potrebbe corrispondere una nuova ondata di raid e operazioni israeliane, con il rischio di contagio anche fuori dei confini israelo-palestinesi.
Alessio Fratticcioli [ Blog | Twitter | Facebook ]
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