Il Presidente statunitense Barack Obama ha ‘festeggiato’ la fine della campagna elettorale più costosa della storia dell’umanita’ (6 miliardi di dollari) e la sua riconferma per altri quattro anni alla Casa Bianca ordinando l’ennesimo attacco di un drone (un aereo senza pilota) in Yemen.
Secondo fonti ufficiali statunitensi, l’attacco sarebbe avvenuto a 40km da Sana’a, la capitale yemenita, e avrebbe colpito e ucciso “tre terroristi”: il membro di Al-Qaida Adnan al-Qathi e due delle sue guardie del corpo.
Secondo l’Huffington Post, se si tratta di un attacco statunitense, allora ci sono pochi dubbi sul mandante: non poteva non essere stato autorizzato direttamente dal Presidente in persona in uno dei meeting a cadenza settimanale che si svolgono all’interno della Casa Bianca per decidere la “kill list”, cioe la lista dei nomi di chi deve essere assassinato in quanto pericoloso per gli USA.
Nel solo Pakistan, il paese più martoriato, negli ultimi anni gli USA hanno utilizzato i droni per effettuare un totale di 334 attacchi, che hanno causato un numero di morti compreso tra i 1.886 e i 3.191, compresi 474-884 civili e 176 bambini.
Questi omicidi ‘mirati’ con i droni violano sia la legge statunitense che il diritto internazionale, sono “controproducenti” (generano piu ‘terroristi’ di quanti ne uccidono) e costituiscono dei veri e propri atti di terrorismo. A dimostrarlo esiste anche uno studio ad opera di un gruppo di ricercatori delle prestigiose Stanford University e New York University sulle conseguenze di queste azioni sul Pakistan.
In linea con quanto abbiamo sostenuto in una precedente analisi, e come scrive anche Joshua Hersh sull’HuffPost, questo ultimo attacco, il primo della seconda amministrazione Obama, costituisce un macabro promemoria riguardo alle pesanti sfide che attendono il Presidente. Adesso non è più il tempo dei comizi dai palchi e delle kermesse in stile hollywoodiano: il Presidente e’ di nuovo il commander in chief di una nazione che occupa due paesi asiatici e che si ritrova in guerra su un invisibile terzo fronte, quello della cosidetta “global war on terrorism”.
Ma Obama ha la responsabilità storica di combattere tutti nemici dell’America, e dunque non solo quelli esterni ma anche quelli annidiati all’interno della cultura statunitense, delle sue contraddizioni e del suo sistema capitalistico-militare.