Ancora violenza nella Thailandia meridionale: omicidio di 4 soldati ripreso da una telecamera
(Asiablog.it) − Si e’ trattato di un agguato eseguito alla perfezione. Quindici o venti uomini armati a bordo di tre pick-up hanno accostato due moto, con a bordo quattro soldati dell’esercito, e hanno aperto il fuoco, uccidendoli.
Gli assalitori hanno poi rubato le armi delle vittime e le hanno utilizzate per sparare ad altri due soldati che seguivano a bordo di un’altra moto, ferendoli in modo non grave.
E’ successo sabato nella provincia di Pattani, nel sud della Thailandia, non lontano dalla provincia di Yala, dove mercoledì una bomba aveva ucciso 5 poliziotti, e dalla provincia di Narathiwat, dove oggi sono stati uccisi 2 rangers, portando a 11 il totale delle vittime nel solo mese di Ramadan, iniziato il 20 luglio.
L’eccezionalità dell’attacco di Pattani e’ che l’azione e’ stata documentata da una telecamera di sorveglianza nascosta al lato della strada (video sopra), il che ha permesso a milioni di thailandesi di vedere con i propri occhi l’accaduto.
La Thailandia si e’ indignata. I responsabili, ci sono pochi dubbi, sono i separatisti di etnia malese. Per molti thailandesi si tratta solo di “ladri e assassini.”
In realtà la situazione e’ molto più complessa. Si tratta, banalmente e tragicamente, di una guerriglia separatista, o, nell’ottica dei separatisti, di una “guerra di Liberazione.”
Insurrezione della Thailandia del sud
L’area meridionale dell’odierna Thailandia, con una popolazione a maggioranza di etnia malay e religione musulmana, venne annessa definitivamente a Bangkok con il Trattato Anglo-Siamese del 1909, firmato immediatamente prima dell’inizio del crollo del colonialismo mondiale sotto l’onda d’urto dei nazionalismi.
Le rivolte, in quello che era una volta il Sultanato di Pattani, non sono mai mancate. Per decenni pero’ la situazione pareva essere migliorata. Tutto questo fino al cosiddetto Incidente di Tak Bai del 25 ottobre 2004, quando sette dimostranti furono uccisi dalle pallottole dei soldati e altri 78 morirono per soffocamento dopo essere stati stipati in condizioni disumane su dei camion per essere trasferiti in prigione.
Da allora le quattro province meridionali della Thailandia – Pattani, Yala, Narathiwat e Songkhla – sono una ferita aperta, insanguinata da continui episodi di violenza. Gli obiettivi preferiti dei ribelli sono i simboli del potere centrale – o, dal loro punto di vista, coloniale – vale a dire soldati, poliziotti, monaci buddisti, maestri e professori.
Oggi l’area e’ teatro di una guerriglia indipendentista che non trova molto spazio sui giornali thailandesi, e tantomeno internazionali. Una guerriglia che Bangkok per motivi ideologici — e, secondo alcuni, anche economici — non sembra pronta a voler risolvere politicamente.
Nel sud della Thailandia si continuerà a sparare, piazzare bombe, uccidere e morire fino al giorno in cui Bangkok riconoscerà che il conflitto non può essere risolto solamente sul piano militare, vale a dire con la repressione, ma che c’e’ bisogno anche e soprattutto di un compromesso politico. Il che, inevitabilmente, dovrà portare al riconoscimento di un’autonomia almeno parziale per le regioni del sud.
Purtroppo quel giorno pare ancora molto lontano.