Kim è piccola, esile, leggera, longilinea. Ha i seni minuti e la vita stretta. Al centro del suo viso di pelle ambrata e luminosa ci sono due occhi neri da bambina e un naso minuto e delicato.
Kim parla molto, ascolta poco e cambia umore ad ogni cinguettio di passerotto.
Kim fa sempre quello che pensa sia il suo dovere, o almeno così dice.
Per Kim “fare il proprio dovere” significa fare ciò che società, genitori, scuola, monaci e tutti le persone autorevoli le hanno insegnato essere giusto e doveroso.
Kim è timorata di dio (o meglio, degli dei, degli spiriti e dei fantasmi). In casa ha molte foto e statuette alle quali porge incensi, cibo e bevande la mattina e la sera. Spesso, Kim parla con questi oggetti e ci si inginocchia davanti.
Una volta Kim ha anche visto un fantasma. E questo fatto ne prova l’esistenza, mi spiega. Successe a casa dei genitori, “una casa vecchia” e dunque più soggetta ad incursioni di spettri e spiriti. Era sera, Kim era in sala, sola, quando ha visto una donna anziana vestita di nero con la faccia pallidissima da morta e lunghi capelli bianchi. Tenetevi forte: la vecchie era attaccata al soffitto come un ragno e fissava Kim con occhi senza pupille! Kim ha lanciato un grido disperato e il fantasma della vecchia è scomparso, volatilizzato, come un sogno che svanisce quando ci si sveglia di soprassalto. Poi è arrivato il padre di corsa con un grosso talismano del Buddha e ha fatto gli scongiuri. Poi è arrivata anche una vicina, esperta in fantasmi, spiriti, spettri, magia, religioni, oroscopi, filtri d’amore e diavolerie varie, che ha confermato che in casa non c’erano presenze soprannaturali. Nessuno ha più rivisto il fantasma della vecchia. Ma certo Kim si è presa una bella paura e da allora porta sempre vari amuleti anti-fantasma in tasca.
Kim è della generazione delle donne di Bangkok cresciute per fare carriera e ha svolto la sua missione fino in fondo. Oggi si ritiene una “donna di successo” e questo le dona molta autostima. Non ha bisogno dei soldi di nessuno ed anzi ogni mese fa un versamento nel conto corrente dei genitori.
Kim non ha bisogno di nulla in particolare, ha un buon lavoro con la Siam Bank, un appartamento (anche se sta ancora pagando le rate), piccoli cani domestici, molte bambole di Hello Kitty, due televisori (in un appartamento con un bagno, un soggiorno e una camera), dozzine di paia di scarpe, riviste con più foto che parole (tipo Oggi, TV Sorrisi e Canzoni o Cioè), laptop, iPhone, iPod, vestiti identici a quelli delle pubblicità che inondano le televisioni e le strade di Bangkok, una mezza dozzina di pettini di forme e colori differenti e una serie pressoché infinita di creme e cremine per sbiancare la pelle. Non ci sono libri, a casa di Kim.
Kim è una piccola borghese thailandese come mille altre. E’ nata e cresciuta a Bangkok, disprezza i bufali dell’Isan e si considera fieramente monarchica. Dunque “odia” chi non ama il Sovrano, perché senza di Lui per la Thailandia sarebbe la catastrofe, mi spiega con tono apocalittico. “Voi stranieri non potete capire”, aggiunge con aria saggia e vagamente arrogante.
Kim è totalmente acritica nei confronti del sistema socio-politico nel quale vive, ed è anche indifferente riguardo a tutto ciò che non la riguarda più o meno direttamente. Il suo marcato conformismo la porta ad essere decisamente incosciente riguardo ai rapporti tra individuo e società.
Ma tutto questo non è importante, mi spiega Kim, che invece ci tiene a farmi sapere di essere innamorata di un ragazzo che gioca a pallone per una squadra di calcio inglese e che, credo, sia molto famoso.
Ma questo amore è solo un sogno, e Kim lo sa. In realtà, Kim cerca solamente un uomo buono che stia con lei, che le voglia bene, qualcuno di cui fidarsi e con cui andare a cena al ristorante, nei centro commerciali a fare shopping, al cinema a vedere le commedie hollywoodiane e in vacanza al mare e in montagna.
Kim dice di amare tanto il suo Paese e le sue “tradizioni”, ma c’è un’eccezione. Kim non ama la tradizione poligamica thailandese e vuole che il suo uomo non dorma con altre donne. E nemmeno le guardi, se possibile. E, ovviamente, che le dia dei figli. Possibilmente né pochi né troppi. Ne gradirebbe due.
Kim cerca un marito occidentale, perché “gli uomini thailandesi non sono buoni, bevono troppo.” E perché lei sogna dei figli con la pelle chiara e gli occhi colorati.
“Parlami di te, dimmi cosa fai, cosa ti piace, voglio conoscerti meglio,” mi chiede.
“Io faccio questo e quest’altro, studio questo e quest’altro,” le rispondo.
“Interessante!” mi dice, sorprendendomi.
“Perbacco, veramente ti interessa?“
“No, no, intendevo, tu sei una persona interessante. Ovviamente, io trovo quello che fai e le cose che studi molto noiose.“
Ma quali sono le cose “divertenti”, per Kim?
La cosa più divertente e soddisfacente in assoluto, dice Kim, è il settimanale pellegrinaggio nei templi del consumismo: i centri commerciali. Come regola, lei ci passa tutti i fine settimana, ed è felice. Quando posta su Facebook e Instagram l’ennesima foto dell’ennesima borsetta appena acquistata, o l’ennesima foto dell’ennesima merenda da Starbucks con cappuccino e pezzo di torta, Kim si sente, almeno in parte, realizzata. Ogni “like” ricevuto sui social dalle foto delle borsette e delle merende causa un grande rilascio di endorfine nel corpo di Kim, e lei si sente appagata.
Per fare questa operazione vitale per il sistema capitalistico/consumistico – spendere i soldi guadagnati lavorando in oggetti dei quali potresti fare a meno – Kim sa di aver sacrificato 15 anni di vita: “ho lavorato sodo, il mio unico svago è stato lo shopping (pronunciato ciò-piiing, ช้อปปิ้ง), non ho avuto tempo da investire in una relazione seria, né per viaggiare o fare altre cose che avrei voluto fare. Ma ora voglio farlo. Voglio essere veramente felice. Sarà troppo tardi?”
Non è mai troppo tardi per essere felici, Kim. La vita è breve, ed i tuoi fantasmi possono essere in agguato ad ogni angolo. Buona fortuna, e buon divertimento.