Italiani in Asia – Eccoci alla seconda parte della nostra chiacchierata con Alessandra Colarizi.
(Alla prima parte)
Alessandra, la Cina più che una nazione e’ un impero, un paese immenso, diversissimo, con una cultura ricchissima e con una storia tra le più antiche e affascinanti al mondo. Nonostante tutto questo, ce la faresti a riassumere la Cina di oggi in 3 aggettivi?
Ci provo: mastodontica, polverosa e in continuo mutamento. Ma vorrei spiegare un attimo il concetto di “mastodontica”: non mi riferisco infatti soltanto alle strade del centro – che sono grosso modo come la nostra autostrada del Sole – alle zone residenziali ormai costituite per lo più da compound di 30-40 piani, o a Piazza Tiananmen incatturabile agli occhi umani. Qua si fa tutto in grande: dal più colossale prototipo di turbina eolica, ai barattoli di Nescafè formato gigante, allo yogurt e il latte in taniche. E’ la Cina dei grandi numeri, e non solo quelli delle statistiche economiche.
E’ un’immensità che, per noi occidentali, spesso affascina e intimorisce al contempo. Ma dimmi, in questo paese in continuo e vertiginoso mutamento come’è in questo momento la situazione lavorativa per gli italiani?
Sicuramente migliore che in Italia, ma direi che in questo periodo ci vuole poco. Posso dire di aver conosciuto diversi italiani che si sono trasferiti a Pechino già da diversi anni. Alcuni si trovano bene, hanno messo su famiglia, hanno una buona posizione e guadagnano molto meglio di quanto non guadagnerebbero nel nostro paese. Però dipende molto anche dal settore del quale ti occupi. Nel mio caso, ad esempio, ci terrei a sfatare il mito del sinologo con il futuro assicurato e offerte di lavoro ad ogni angolo della strada. Non è assolutamente così, anzi. Se hai studiato lingua e cultura cinese ti ritrovi, fondamentalmente, con un pugno di mosche in mano… ormai tutto gira intorno alla Cina non perchè è la Cina, ma perchè è la seconda potenza economica al mondo. Dunque il binomio lingua cinese più laurea in economia/giurisprudenza è decisamente un biglietto da visita migliore. Anche perchè la verità è che ormai è pieno zeppo di cinesi in grado di parlare un ottimo inglese e persino un ottimo italiano, così che molte nostre aziende preferiscono prendere traduttori madrelingua; la concorrenza è spietata. Probabilmente è tutto molto più facile per un avvocato, un commercialista o un architetto che decida di trasferirsi qui. A quel punto il vantaggio di possedere qualifiche professionali spesso superiori a quelle della media cinese, e il fatto di essere disponibile a trasferirsi in Cina ti rende molto più “challenge” di quanto non lo saresti in Italia: quanti dei nostri connazionali sono tanto avventurosi da decidere di venire vivere in Asia? Sempre di più (molti per disperazione), ma ancora non moltissimi.
Capisco. Mi diresti un altro mito da sfatare sulla Cina?
Un altro mito da sfatare e’ quello che occorra sapere il cinese per sopravvivere in Cina: al giorno d’oggi non è più vero. Ho conosciuto moltissimi stranieri che non conoscono mezza parola di mandarino. Ahimè, anche qui ormai il business parla inglese.
Bene. A questo punto dunque dammi altre informazioni che potrebbero esseri utili a chi tra i nostri amici italiani sta ponderando di fare il grande balzo in Estremo Oriente. Ad esempio, il costo della vita a Pechino e’ diverso da Roma?
Ovviamente si, la vita qui costa molto meno, ma non è più così conveninte come un tempo. La prima volta che sono venuta in Cina era l’estate del 2006, sembra passata una vita. Al tempo Pechino era veramente economica, ricordo che al ristorante mangiavi con l’equivalente di 4 euro. Adesso le cose sono un po’ cambiate, volendo con 4 euro ci mangi lo stesso ma dovendo scegliere un target più basso. I prezzi degli alimenti sono aumentati parecchio, specie quelli si frutta e verdura: ci sono supermercati in cui 4 mele le arrivi a pagare 5 euro. E’ il prezzo del benessere. Pechino ormai rigurgita di centri commerciali e negozi di lusso; qualcuno dovrà pure comprarsela tutta quella roba. Una spiegazione potrebbe nascondersi dietro al mistero del coefficente di Gini, ovvero il tasso di ineguaglianza che misura la forbice tra ricchi e poveri. Il governo cinese lo tiene nascosto da 11 anni ma l’ultima volta, che risale al 2000, aveva già raggiunto quota 0,412. E tanto per intenderci 0,5 viene considerata la soglia critica oltre la quale è necessario provvedere d’urgenza. Ma questa è un’altra storia.
E gli affitti a Pechino?
La “questione affitti” è un altro punto dolente. Un piccolo studio nel distretto del business pechinese (Guomao e dintorni) può arrivare a costare senza nessun problema 1300euro al mese. Il mio ne costa un po’ più di 700 euro ma è leggermente decentrato, non ha la connessione internet né l’allaccio per la tv. Ormai persino il celebre “fake made in China” ha subito gli influssi dell’inflazione che nel 2011 ha letteralmente svuotato le tasche dei cittadini. Eppure le prospettive per il Nuovo Anno del Dragone sembrano buone, o almeno questo è quello che dicono gli economisti. Se lo augurano un po’ tutti, cinesi e stranieri.
Grazie per averci parlato della situazione economica. Ma ora facciamo un piccolo esercizio di previsione della Cina di domani. In particolare, vorrei una tua riflessione sull’ottimo articolo di Diamond apparso sul The Atlantic in cui l’accademico americano ha previsto che in una generazione la Cina vedrà la Democrazia, cosa ne pensi?
La teoria di Diamond mi affascina: l’idea di un Asia come locomtovia trainante della democrazia però mi sembra poco realistica. Non entro nel merito degli altri Paesi che non conosco a sufficienza, ma per quanto riguarda la Cina non penso che Pechino scenderà mai a compromessi con il popolo; o meglio in parte lo sta facendo – mi riferisco a Wukan – ma soltanto per evitare l’esplosione di una pentola a pressione che sbuffa ormai da tempo. Piccole concessioni che possono salvare la faccia (nei confronti della comunità internazionale) e il potere. D’altra parte i cinesi hanno una grande riverenza per il Partito e la maggior parte delle critiche degli ultimi tempi non sono indirizzate verso i vertici quanto piuttosto verso alcune mele marce che non solo sfruttano il popolo ma minano anche la stabilità stessa del governo. Magari mi sbaglierò, ma non vedo la democrazia un traguardo raggiungibile in tempi brevi. Un tempo c’era l’Imperatore, ora c’è il Partito. Cambia poi molto? Non penso ci sia una grande consapevolezza sociale da parte del popolo cinese, anche se sicuramente negli ultimi anni un po’ di più grazie ad internet. Ma forse sto sbagliando di nuovo.
Staremo a vedere. E tu invece, dove sarai tra 10 anni?
Onestamente non lo so ma poco conta dove sarò. Ora come ora mi chiedo piuttosto chi sarò…
Ti auguro di essere una persona felice, Alessandra. Grazie mille per averci raccontato un po’ di te e della Cina e in bocca al lupo con la tua esperienza a Pechino. Ciao!
Di niente, Alessio, un saluto a te e a tutti i lettori di Asiablog.it! Ciao!
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