Questo fine settimana i cittadini taiwanesi sono chiamati alle urne per eleggere un nuovo presidente. Per i pronostici e’ un testa a testa tra i due maggiori candidati: il presidente uscente Ma del KMT, leggermente favorito, e la signora Tsai del Partito Democratico Progressista. E’ stata l’economia a dominare la campagna elettorale, non la politica, spiegano Simone Pieranni e Andrea Pira su China-Files.
Per ovvie ragioni, le elezioni interessano anche la Cina, che ufficialmente considera Taiwan una “provincia ribelle”. Un cinese due mesi fa ha pagaiato per tre chilometri, dalla provincia del Fujian fino a un’isoletta taiwanese, a suo dire solamente per vedere una vera campagna elettorale.
In un bell’articolo su La Stampa, Ilaria Maria Sala parla della “scuola di democrazia” per studenti cinesi e taiwanesi di Wang Dan, uno dei leader del movimento studentesco del 1989, che dopo anni di prigione è stato mandato in esilio a Taiwan. Wang Dan “tiene un corso sulla Cina contemporanea di cui mette in luce tutte le magagne.”
Portnoy Zheng sul mensile di Emergency parla di elezioni e sogni.
“Qualunque sia il risultato delle elezioni e dei successivi rapporti [tra Cina e Taiwan],” scrive Matteo Miele su Il Post, “Taiwan rimane comunque (come Hong Kong e Macao) la prova della possibilità di una via democratica cinese, in grado cioè di coniugare i capisaldi della democrazia liberale con l’immensità della civiltà del Celeste Impero.”