Italiani in Asia – Eccoci alla terza parte della nostra chiacchierata con Marco Ferrarese. (qui la prima parte) (qui la seconda parte) Fotografie di Kit Yeng Chan.
Ciao Marco, dal tema del viaggio, oggi passiamo a una serie di domande piu personali. Puoi iniziare col dirci per quale motivo hai deciso di trasferirti definitivamente in questo continente?
Curiosita’ per l’ignoto e voglia di cambiare. Anche, scappare verso un mondo piu’ arretrato (che in realta’ non e’) che mi ero figurato in testa dopo aver letto i classici libri di Tiziano Terzani che leggono un po’ tutti gli impallinati italiani di Oriente…
E’ stato difficile l’impatto con la cultura e la realtà asiatica?
Parzialmente si, soprattutto all’inizio dell’adattamento alla nuova cultura di un paese che mi era ignoto come la Cina, dove ogni regione geografica in realta’ nasconde enormi differenze di adattamento. Vivere a Pechino o che so, a Lanzhou, non e’ vivere la stessa Cina. Stiam parlando di una cosa come di vivere a Helsinki o a Fuerteventura, in canoni geografici. Io sono arrivato a Qinhuangdao, una citta’ costiera dell’Hebei satellite di Pechino, dove in quanto a divertimenti e proposte culturali, l’offerta non era comparabile nemmeno al solo quartiere di Wudakou nella capitale. Riguardo la cultura asiatica in generale, bisogna adattarsi, perche’ loro difficilmente si adattano alla tua. In Malesia ho trovato una competizione sul lavoro e una falsita’ orripilanti. Sembra che ognuno sia pronto a tagliarti la gola per prendere il tuo posto. La continua discriminazione razziale, le cose non dette, la religione che frena la creativita’ e lo sviluppo culturale… insomma, secondo me bisogna essere pronti ad aprire molto la testa, e avere grande pazienza. In Cina, al contrario, essere un professore riserva un trattamento-bambagia, ma questo significa anche che raramente si ha un ruolo nelle decisioni dei piani alti gestiti da cinesi. Insomma, ti mettono li, e ti spolverano tutte le mattine come un bel pupazzo davanti alla classe. In termini di studenti, per me dopo il primo impatto la soddisfazione e’ stata grande, anche perche’ hanno un grande rispetto per gli insegnanti stranieri. Credo che per me insegnare lingue a studenti asiatici sia una dimensione confacente.
Sulla Cina hai anche scritto un libro.
“La Scimmia Tatuata contro il Dragone Meccanico” e’ un libro disponibile in versione e-book o stampata tramite lulu.com. Maggiori dettagli li trovate qui (http://www.monkeyrockworld.com/my-books/). Si tratta principlamente di una raccolta dei miei articoli sulla Cina apparsi su www.monkeyrockworld.com, ma ci sono anche alcune sezioni inedite presenti solo nel libro. Ho cercato di raccontare le mie impressioni da persona totalmente estranea alla Cina e alla lingua cinese catapultato in un mondo ostile, sorprendente e anche a volte amichevole. Non parla a sufficienza dei miei viaggi in solitario e in coppia con la notevolissima Francesca Buongiorno, compagna insegnante ancora di stanza a Pechino, ma e’ un libro curioso e divertente che puo’ fare arrabbiare i sinologi, ma sorridere chi come me non ha avuto paura di dire che la Cina puzza di verza, aliti marci e scorregge, e che non e’ un posto cosi’ avanzato come si vuol far credere. Anzi.
E come sei finito sull’isola di Penang, in Malesia?
Per caso, dopo circa due anni e principalmente per via della mia compagna Kit Yeng, sinomalese locale. Penang e’ una bellissima isola, ma dubito che senza Kit sarei ancora qui a fare quel che faccio al momento.
Ora cosa fai a Penang?
Ho appena completato un master in Linguistica Inglese, studiando le strategie di apprendimento degli studenti cinesi che arrivano in Malaysia per fare dei corsi intensivi di Inglese. Lavorare da uomo bianco in Malesia, e Penang particolarmente, e’ difficile, o io sono stato particolarmente sfortunato. Per questo motivo, tornare a scuola mi e’ sembrato opportuno. L’universita’ qui e’ dura e le menti grette, ma mai come in Malesia ho visto investire in borse di studio e stipendi per gli studenti. In piu’ sono “web manager” di Cruz del Sur Music e FOAD Records, due delle migliori etichette indipendenti italiane di metal classico e ristampe hardcore, death e thrash . Curo i loro siti a distanza e ricavo abbastanza per vivere qua in maniera onesta, senza grandi lussi, ma decisamente bene. In piu’ scrivo qui e la’ per varie pubblicazioni, che raramente pagano, ma a volte si. Insomma, mi rilasso ai tropici, sondo una relazione seria con la convivenza, e faccio muovere incessantemente il cervello, scrivendo o meno. Ah, studio anche Silambam Nillaikalakki, un’arte marziale indiana col bastone, che si puo’ imparare solo a Penang.
Potresti descrivermi una tua giornata tipo?
Ne ho avute troppe di tipi di giornata a seconda del mio insegnare, viaggiare o studiare e fare una vita piu’ “residente” a Penang. In ogni modo, generalmente quando sto fermo mi sveglio abbastanza presto verso le 8, faccio colazione e una doccia fredda e mi metto a lavorare al computer. Cosa faccio? Scrivo, gestisco siti, faccio editing ad articoli accademici e tesi scritte da studenti con problemi in inglese, o leggo cose e cerco di inseguirne cento altre. Verso la una scendo e prendo il motorino e vado a mangiare qualcosa. Dopo pranzo, ritorno a fare le cose che stavo facendo la mattina. Verso le 6, se Kit e’ a casa andiamo in moto sulla cima di una collina dove c’e’ una diga artificiale circondata da foresta tropicale, e facciamo un po’ di jogging o esercizi. Altre volte vado a lezione di Silambam, arte marziale indiana col bastone che studio da un anno. Quando finisco, verso le 9 di sera, mangio qualcos’altro in qualche altro baracchino e me ne torno a casa per un bel film. Il giorno seguente, piu’ o meno uguale, ma cambia sempre qualche particolare. Penang puo’ essere statica ma assorbe, ha una sua routine che e’ magnetica, e’ difficile da spiegare. Quando ho dei giorni liberi, prendo un amico e lo piazzo dietro di me sulla moto, e mi faccio un giro completo dell’isola. C’e’ una meravigliosa zona di giungla e villaggetti rurali che credo in pochi visitano, e che merita esplorazione. Forse noioso, ma considerando che ogni due/tre mesi cerco di fare un viaggio, la routine si spezza facilmente. Il piano e’: cercare di lavorare tanto sulle cose che amo e zero su quelle che non mi piacciono, e vivere cosi’ dove me lo posso permettere, e dove capita. Il mondo e’ grande e merita di essere saggiato a lungo.
Confrontando lo stile di vita che avevi in Italia a quallo di adesso, e’ cambiato qualcosa?
Certo. Innanzitutto, vivo da solo e in una citta’ (non enorme, per mia scelta perche’ preferisco cosi’), mentre in Italia con la mancanza di lavoro e le mie passioni poco ortodosse, non potevo permettermi questa liberta’ e come base tenevo Voghera coi miei. Devo dire comunque che in Italia avevo fortunatamente un mio spazio molto privato all’interno della casa, e come stile di vita inteso come le cose che faccio (guardare film, invitare amici a casa, uscire a bere o con gli amici, suonare, viaggiare ecc. ecc.) non ho cambiato granche’. Pero’ e’ cambiato alla grande lo stile e le possibilita’ del fare queste cose. Qua e’ sempre estate. Se volessi potrei uscire ogni sera, a parte quando piove, e girarmi comodamente l’isola col motorino. Poi, qua sto convivendo con la mia ragazza, non so se in Italia questo sarebbe stato ugualmente possibilmente, o fatto nella stessa maniera.
Ti sei fatto degli amici locali?
Si, anche se non e’ stato facilissimo andare a fondo e farsi capire. Il rispetto per la loro cultura e’ fondamentale, e raramente il mio senso dell’umorismo piuttosto caustico e’ stato capito. Ho trovato i cinesi piu’ affabili, ma anche piu’ strani. I sinomalesi inizialmente stanno molto sulle loro, ma possono essere molto collaborativi quando si inizia un’amicizia. Ho anche alcuni buoni amici di cui posso veramente fidarmi nel gruppo di indiani della Silambam, a Penang, ma non potrei dire che con loro si esca spesso la sera a chiacchierare del piu’ e del meno. Loro sono cosi’, troppo controllo famigliare e legati alla casa. Tra i malay si trova gente simpatica e cordiale, ma difficilmente di profondo stato intellettuale, a parte le moto, il pallone, il cibo e poco altro. A Penang ho conosciuto molti mediorientali, soprattutto iraniani, siriani, giordani… costituiscono una grossa fetta della popolazione studentesca. Ho buoni amici bengalesi, ma anche qui, non esiste la chiamata “ciao cosa fai stasera usciamo?”. Sono piu’ inviti a pranzo o cene casalinghe, andare al cinema assieme, trovarsi al centro commerciale… attivita’ anche abbastanza aberranti per uno coi miei gusti musicali e culturali. Il segreto, secondo me, e’ imparare a vivere bene con se’ stessi e ad essere pronti alla solitudine per trarre il meglio da ogni esperienza asiatica. Oltretutto, la mia idea di divertimento non e’ uscire a cena o fare una vita da robot asiatici riprogrammati alla occidentale e bazzicanti enormi centri commerciali… pero’ alla fine se vuoi avere una vita sociale coi locals lo devi fare, e qui sta fondamentalmente la difficolta’.
Ora sei anche il chitarrista di una band malese, giusto?
Vero. La mia recente fortuna e’ stata proprio quella di scoprire la scena musicale indipendente locale, e di propormi come chitarrista, iniziando a suonare in una band e fare alcuni concerti. Credo che tra tutti, gli amici migliori che ho attualmente sono quelli con cui suono e ho collaborato suonando. Ma anche qui spesso, a parte le prove, la gente non esce troppo alla sera, non ti chiama mai per prima, e in genere aspetta sempre che tu faccia la prima mossa.
E le donne, ne vogliamo parlare?
Parliamone pure, ma qui tocchi un tasto che per me tende al feticismo, quindi potrei non essere la persona piu obiettiva. Piacendomi piccole, per me qua ogni donna (o quasi) e’ uno spettacolo. In piu’, nel sudest asiatico fa caldo per cui si rischia di farsi venire un calo di pressione a vedere tutte queste statuarie gambe nude, tacchi a spillo, questi pantaloncini che sono in verita’ delle cinture, ahahaha…. dite quello che volete, ma per me c’e’ poco di meglio al mondo. Ogni paese asiatico ha una scala di ricchezza diversa, e nei paesi piu’ ricchi, la donna tende ad essere sempre piu’ curata in termini di occidentalissima seduzione e chiamiamola moda. In Cina piu’ spesso pare che le ragazze si tuffino nei cestoni delle offerte a 1 euro dei supermercati, ma sono belle uguale.
E com’e’ una relazione con una ragazza asiatica?
Dal punto di vista sentimentale, la ragazza asiatica offre vantaggi e svantaggi. In primis, l’asiatica punta generalmente a una relazione duratura e ha il pensiero costante del matrimonio. Se questo non succede, amici, accertatevi bene che non state frequentando una prostituta, o una “professionista” che dir si voglia: in definitiva, potreste essere uno dei vari polli da spennare. Questo ha dei vantaggi, ma anche molti svantaggi, in primis: le malattie veneree. Se sentite quindi un prurito strano laggiu’, e’ probabilmente ora di capire che non dovete cambiare ammorbidente, ma partner!!
A parte gli scherzi, le relazioni qui in Malesia (ma spesso anche in Cina) possono assumere caratteri decisamente insoliti: generalmente le ragazze non hanno grande esperienza e vengono cresciute in ambienti molto casti e conservatori, dove il rapporto con l’uomo e’ visto generalmente di buon occhio solo a scopo matrimoniale. La famiglia gioca un ruolo fondamentale in questo, e in molti casi la vostra bella fara’ quel che vuole la madre o il padre, e non voi. E piu’ spesso, stare con la bella significa prendersi cura della famiglia, considerando zii, cugini, sorelle, fratelli e anche il cane come nuovi elementi di una famiglia allargata alla quale voi dovrete contribuire coi vostri soldi. Non e’ sempre cosi’, ma l’etichetta occidentale in oriente non funziona: la famiglia e’ uno dei sacri principi per questa gente, quindi questo e’ un fattore da considerare prima di intraprendere ogni relazione.
Coi cinesi, soprattutto, c’e’ anche il problema razziale: noi bianchi, grazie ai puttanieri che hanno invaso e ancora invadono questi lidi, siamo visti come portatori di AIDS ambulanti, pervertiti e sciupafemmine doppiogiochisti. In generale, anche i genitori dei cinesi preferiscono unioni monorazziali, e questo crea dei problemi. La differenza culturale e’ spesso vista come un problema insormontabile. Di mio dico che avere una ragazza orientale, a seconda comunque del suo background culturale, comporta una grande battaglia di adattamento e una pazienza infinita.
Detto questo, le asiatiche sono esseri dolcissimi e a volte anche troppo semplici. Questo crea dei problemi, e si vuole fare una vita non stabile e viaggiare come il sottoscritto, apriti cielo!! In ogni modo, al momento mi sento abbastanza fortunato perche’ ho trovato una via di mezzo. E’ comunque difficile adattarsi a certe idee, e alcuni tratti delle donne locali, come ad esempio le thailandesi, che trovo abbastanza scialbe, alla lunga. Sara’ un problema che deriva dall’educazione familiare e dal contesto sociale, ma spesso queste donne sono buone, ma piuttosto vuote, culturalmente parlando.
Continua: La scimmia d’Oriente: intervista a Marco Ferrarese (parte 4)