Nonostante l’ovvio sospiro di sollievo per la fine dell’era Berlusconi, molti italiani non sono riusciti a comprendere appieno le vicende economiche e finanziarie che hanno contribuito a questo sviluppo. Di fronte alla profonda crisi economica, sociale e politica, ci sono ahinoi commentatori in giro per la Rete che hanno finito per lanciare anatemi contro, oltre ai soliti ‘comunisti’, anche stranieri, tedeschi, francesi, greci, statunitensi, cinesi, massoni, persone di religione ebrea e cospiratori internazionali. Forse e’ mancata l’informazione; il giornalismo non e’ riuscito a spiegare i motivi di questa crisi. O forse si tratta di temi complessi. Serve fare chiarezza e oggi ci proviamo con Ambra Colacicco, una ragazza italiana che si sta specializzando in economia alla Lund University, in Svezia.
Alessio: Ciao Ambra, inizia a spiegarci una cosa: cos’è la finanza e cos’è questo benedetto debito italiano?
Ambra: Ciao Alessio. In poche parole, i mercati finanziari sono un mezzo per trovare capitale per effettuare investimenti, questo vale sia per le aziende che per gli stati. Indebitarsi (entro determinati limiti) di per sè non è sbagliato, anzi, è l’unico modo per investire nell’attività economica e creare sviluppo. Quali sono questi limiti? Semplice: chi contrae un debito deve sostenere dei costi chiamati interessi passivi. Un debito è sostenibile nel momento in cui i ricavi dell’investimento per cui è stato contratto sono superiori ai suoi costi. E’ compito di un buon amministratore saper valutare i propri investimenti e contrllarne la sostenibilità, non dei mercati finanziari. Nel caso italiano il cattivo amministratore si chiama Giulio Tremonti.
Alessio: L’aumento del debito italiano era previsto o almeno prevedibile?
Ambra: L’aumento del debito non era previsto a tavolino ma era prevedibile. La situazione era già preoccupante a fine 2008, quando la banca centrale tagliò di netto le stime di crescita fra lo 0 e lo 0.5% e l’andamento della produzione industriale era calato del 4%. Su questo scenario, già critico, il debito aumentò di circa 60 miliardi (nell’anno precendente era aumentato di 17 miliardi) facendo quindi schizzare il rapport debito/pil di due punti percentuali. Stimando un aumento costante si poteva immaginare quanto è successo. Dunque, questa crisi non è arrivata a “sorpresa”, l’andamento del debito pubblico puo’ essere costantemente monitorato attraverso i bollettini economici scaricabili on line dal sito di Banca d’Italia e molti economisti hanno più volte messo in guardia il governo, inclusa l’Europa che ha più volte richiamato l’Italia per il deficit di molto oltre il patto di stabilità.
Alessio: Ho capito, dunque eravamo stati addirittura messi in guardia… Ma dimmi, perché i mercati internazionali non avevano piu fiducia nel governo Berlusconi?
Ambra: Per diversi motivi. Innanzitutto la reputazione di un’azienda quotata sul mercato è importante, non a caso nel momento un cambio manageriale comporta regolarmente un cambio del prezzo del titolo. L’Italia, ormai da molti anni, ha perso credibiltà in Europa. Ricordo che l’Express nel 2009 appellò Berlusconi come “Le Buffon De l’Europe” [Il Buffone d’Europa], e molto prima ci furono titoli di fuoco da parte di diverse testate internazionali. Questa cattiva reputazione, al contrario di quanto si pensi, non deriva soltanto dall’umorismo di Berlusconi. A contribuire alla cattiva nomea ci sono le riforme portate avanti dal suo governo, come le violazioni di diritti fondamentali a danno dell’economia nazionale. Tanto per citare alcuni casi celebri: quello di Europa 7 contro rete 4, la svendita di Alitalia, le leggi ad personam… Oltre a questo problema di “reputazione” i mercati italiani sono percepiti come meno sicuri per altre ragioni, non ultimo la carenza della normativa italiana in fatto di falsi in bilancio, anch’essa legiferata da un precedente governo Berlusconi. Inoltre, le pene previste per le aziende quotate sono irrisorie, solamente 4 anni a confronto con i 20 previsti dalla normativa statunitense. Tutto questo, insieme ad un tasso di crescita che negli ultimi due anni ha rasentato lo zero e di cui il presidente del consiglio non ha mai preso atto, sono le principali ragioni dietro la mancanza di fiducia dei mercati verso il governo appena caduto.
Alessio: Dopo 17 anni di reaganismo all’italiana, la Bibbia del liberismo mondiale, il britannico The Economist, scrive che (cito) “l’Italia che il Sig. Berlusconi lascia al suo successore e’ 87esima al mondo nella classifica della Banca Mondiale dei paesi dove e’ più facile fare business.” In questa classifica, il nostro paese si piazza dietro all’Albania. Come giudicare Berlusconi, che dopo aver promesso un Nuovo Miracolo Italiano ha fallito nel portare avanti il suo progetto modernizzatore e liberale e ha trascinato il paese nel baratro di una colossale crisi finanziaria?
Ambra: Il discorso qui è molto ampio. In Italia è difficile aprire un’attivita imprenditoriale a causa di una burocrazia lenta, ed è difficile per quelle imprese già presenti sul mercato accedere a capitali di prestito, figuriamoci per una start up. Questi problemi sono antecedenti all’ingresso di Berlusconi in politica. Le sue responsabilità stanno proprio nel non aver cercato di cambiare le cose in questo senso ed anzi avere peggiorato la situazione. L’Italia rischia seriamente un default, che porterebbe le banche a chiudere definitivamente i rubinetti lasciando la piccola/media impresa, che già arranca, morire del tutto.
La seconda parte dell’intervista QUI.