Bangkok – Il conflitto thai-cambogiano intorno al tempio di Preah Vihear giunge a una svolta. La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha emesso lunedì 18 luglio 2011 il suo giudizio preliminare. La Corte ha ordinato a Cambogia e Thailandia di sospendere ogni atto armato e di ritirare immediatamente le truppe dalla zona contesa.
Il tempio si trova nel cuore della penisola indocinese, a cavallo tra la Provincia cambogiana di Preah Vihear (al confine settentrionale del paese) e la Provincia thailandese di Sisaket (al confine orientale del Regno). L’area in questione, vasta 4,6 kilometri quadrati, verrà trasformata in una zona “temporaneamente” demilitarizzata. La decisione e’ stata giustificata con la necessita’ di impedire danni irreparabili al tempio, inserito dall’UNESCO tra i Patrimoni dell’Umanità nel 2008.
Con questa sentenza, di fatto e’ stata accolta la posizione della Cambogia, paese che si era rivolto alla Corte nell’aprile scorso chiedendo un immediato ritiro dell’esercito thailandese dall’area che considera sotto la propria sovranità, sulla base di una sentenza emanata dalla stessa Corte nel 1962. La sentenza di 49 anni fa assegna con chiarezza la sovranità del tempio alla Cambogia, ma la Thailandia reclama buona parte della zona circostante, compresa l’area che serve per accedere al tempio.
Le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia diventano automaticamente norme di diritto internazionale, tuttavia non esistono meccanismi che ne assicurino il rispetto.
Ufficialmente, entrambi i paesi in questione si sono dichiarati soddisfatti per la sentenza, anche se sembrano continuare le interpretazioni di parte. Il ministro degli esteri cambogiano Hor Nam Hong ha dichiarato che la Corte ha posto fine all’”aggressione thailandese”, mentre il suo collega thailandese Kasit ha affermato che il ritiro delle truppe cambogiane dal tempio “era il punto fondamentale delle nostre richieste”.
Molto prudente e a disagio e’ parso invece il primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, che ha rilasciato dichiarazioni ambigue: “prima di ritirarci dobbiamo sentire i nostri generali”, ha detto in una intervista a caldo. Il giorno dopo la sentenza, e evidentemente dopo essersi consultato con i vertici militari, ai microfoni del quotidiano thailandese The Nation il primo ministro ha affermato: “La decisione della Corte non e’ vincolante e comunque non si tratta di una semplice camminata, dunque per organizzare le modalità del ritiro dobbiamo prima consultare la Cambogia, nonché assicurarci che i cittadini cambogiani nell’area siano effettivamente dei civili”.
Probabilmente il primo ministro uscente Abhisit, pesantemente sconfitto nelle recenti elezioni generali, sta prendendo tempo per passare la patata bollente al futuro governo, che dovrebbe insediarsi entro agosto.
Il nuovo governo sarà guidato da Yingluck Shinawatra, sorella minore del controverso Thaksin. Thaksin ha sempre avuto ottimi rapporti con il governo cambogiano, per il quale ha svolto per un breve periodo il ruolo di consigliere economico. Difatti, immediatamente dopo il trionfo elettorale del partito filo-thaksiniano, il ministro degli esteri cambogiano Hor Nam Hong ha dichiarato: “e’ vero, non possiamo nasconderlo, siamo contenti per la vittoria del partito Pheu Thai.”
Nonostante ciò il conflitto potrebbe andare avanti. Le potentissime forze ultra-nazionaliste di Bangkok considerano la questione del tempio di Preah Vihear di importanza vitale per il Regno, ragion per cui il nuovo governo dovrà fare attenzione a risolvere la questione nel rispetto delle norme internazionali, ma anche senza irritare i circoli monarchici, l’Esercito Reale e il movimento delle camicie gialle. Solo nel 2011 gli scontri hanno provocato decine di morti e centinaia di migliaia di sfollati.