Mentre chiacchieravo con la mamma, sentii all’improvviso delle voci alterate, arrabbiate e subito dopo, da un angolo, vidi comparire tantissime donne che avanzavano verso di noi. Ebbi paura. Strinsi la mano di mia madre e lei mi obbligò a fermarmi. Era un corteo di lavoratrici. Prima ancora che chiedessi chi fossero e perché urlassero in quel modo la mamma, accortasi dello spavento che provavo, mi disse che erano le pulitrici dell’oro che protestavano, guidate da un uomo, un socialista che si chiamava Filippo Turati, perché con la loro paga, guadagnata lavorando dodici ore al giorno, non riuscivano a comprarsi nemmeno il pane. Mi invitò poi ad osservare le loro mani. Io le guardai: erano completamente rose dall’ acido che serviva a pulire l’oro. Erano scalze, malvestite e smunte. Chiesi dove andassero e perché quell’uomo le guidasse. Lei rispose che forse erano dirette alla Lega delle lavoratrici e che Turati, anche se non era povero, era alla testa del corteo perché era un socialista. E per questo era ammirevole. Poco dopo scomparvero in una via e mia madre mi spiegò che non bisognava aver paura dei lavoratori che probabilmente avrei visto altre volte camminare urlando per strada. In quel modo la mamma mi insegnò ad amare i deboli e innanzi tutto a rispettarli.
(Tratto da “Camilla Ravera racconta la sua vita”, di Rita Palombo, Rusconi ed.)