La guerra dell’Afghanistan entra nel decimo anno. Ma c’e’ poco da celebrare: continua la strage per il controllo delle riserve energetiche dell’Asia centrale
Di Alessio Fratticcioli (scritto per Orizzonti Nuovi, gennaio 2011, pag. 21)
La guerra combattuta in Afghanistan dagli Stati Uniti e dall’alleanza militare da essi controllata è entrata nel decimo anno. E’ ufficialmente la guerra piu’ lunga mai combattuta dagli USA, dalla Nato e dall’Afghanistan. Inoltre, per la Nato si tratta della prima guerra sul campo e del primo conflitto in Asia.
2010: RECORD NEGATIVO – Per le forze di occupazione Isaf il 2010 si è chiuso con un record negativo: 711 morti, un terzo del totale dei caduti dal 2001 a oggi. Ovviamente, la carneficina inflitta alla popolazione afghana è stata di gran lunga maggiore, anche se più difficilmente stimabile. Secondo le cifre raccolte dall’AFP, nel 2010 avrebbero perso la vita circa 10.000 afgani. Con ogni probabilita’ si tratta di una sottostima, comunque significativa del grado di morte e distruzione portata nel paese. Ugualmente probabile e’ anche che molti di quelli indicati dal comando militare Isaf come “insorti uccisi in combattimento” siano stati in semplicemente dei civili innocenti massacrati da raid aerei e incursioni notturne. Inoltre, come provato dale informazioni rivelate da Wikileaks, questa guerra si è da tempo allargata anche al Pakistan, potenza nucleare di 170 milioni di persone. In Pakistan, dove ha avuto luogo una escalation simile a quella afgana, sarebbero state uccise quasi 1.000 persone, in maggioranza civili, nel corso di 134 attacchi da parte di aerei senza pilota.
CONTINUA LA RESISTENZA – Ma nonostante questa carneficina su entrambi i lati del confine, Washington non è riuscita a ottenere l’effetto desiderato di ridurre l’entità della resistenza. “Per quanto li stiamo martellando a sud e ad est, il numero degli insorti non accenna a diminuire,” un alto funzionario statunitense ha ammesso al Wall Street Journal. “Hanno tanti giovani che sono privati dei diritti civili, che non hanno nulla di meglio da fare che combattere.” Senza dubbio, le condizioni di vita sono tra i motivi che spingono tanti ad entrare nella resistenza armata. Ma è anche il “martellamento” stesso che crea innumerevoli nuove reclute per l’insurrezione. Non è una questione di uomini giovani con “niente di meglio da fare”, ma piuttosto le nuove reclute potrebbero essere figli, fratelli e padri determinati a vendicarsi per l’omicidio dei loro parenti. Come accadde in Vietnam, anche in Afghanistan da ogni cratere creato dai bombardamenti sembrano rinascere dieci guerriglieri. A titolo di esempio, basta ricordare quanto avvenuto il 4 gennaio nella provincia di Ghazni, nell’est del paese, quando decine di capi-villaggio e centinaia di uomini hanno improvvisato una manifestazione nella capitale provinciale portandosi dietro i corpi di tre civili uccisi in un raid notturno degli statunitensi nel villaggio di Qala-i-Naw. Ai giornalisti hanno raccontato che le forze americane sono arrivate a bordo di elicotteri, hanno isolato la zona e attaccato una scuola religiosa. I manifestanti hanno urlato “morte all’America” e hanno chiesto scuse ufficiali al comando statunitense. Ghulam Ali Akhlaqi, docente presso la scuola che è stata attaccata, ha portato con sé una copia del Corano crivellato di proiettili. “Non ci sono guerriglieri o talebani nella nostra zona”, ha detto, “ma persone innocenti sono state uccise sulla base di informazioni sbagliate e il nostro libro sacro e’ stato profanato”. Incursioni come questa si ripetono ogni giorno, finendo per creare un bacino inesauribile di reclute per la resistenza armata.
TERRORISMO LORO O INTERESSI NOSTRI? – Nel 2001 le truppe americane furono mandate a uccidere e morire in Afghanistan per catturare Bin Laden, del quale oggi nemmeno si accenna piu’, e per combattere il terrorismo. In realta’, oggi anche il comando statunitense e la CIA riconoscono che Al Qaeda è praticamente inesistente. Il direttore della Cia Leon Panetta ha ammesso che i membri operativi di al-Qaeda in Afghanistan sono tra i 50 ed i 100. Un numero ridicolo. Un gruppuscolo che si potrebbe stanare con azioni meno invasive di un’occupazione militare. La verita’ è che l’esercito è stato inviato a garantire gli interessi strategici statunitensi, che consistono nel controbilanciare la crisi del capitalismo americano mettendo le mani sulle vaste riserve energetiche dell’Asia centrale, il che significa imporre l’egemonia statunitense in questa regione prima che lo facciano le potenze emergenti: Russia, Cina, India e Iran. Centinaia di miliardi di dollari vengono spesi per sostenere questa azione militare, mentre negli Stati Uniti come in Europa si chiedono sempre più draconiani tagli alla pubblica istruzione, all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali essenziali. Nonostante questo, e nonostante il fatto che la maggior parte del popolo occidentale sia contrario alla guerra, l’amministrazione Obama e la Nato sembrano determinati a continuare questo intervento militare.