Sabra e Shatila (in arabo: صبرا وشاتيلا) sono i due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut, Libano, dove il 16-18 settembre del 1982 avvenne il massacro di un numero di arabi palestinesi stimato tra diverse centinaia e 3500. Il massacro fu perpetrato da milizie cristiane libanesi in un’area direttamente controllata dall’esercito israeliano.
Loren Jankins scrive sul Washington Post del 20 settembre 1982:
«La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l’angolo, in un’altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti – dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 – raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull’altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche.»
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato il massacro con la risoluzione 37/123 del 16 dicembre 1982 con queste parole:
L’Assemblea generale, (…)
- Condanna nel modo più assoluto il massacro di larga scala di civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila;
- Conclude che il massacro è stato un atto di genocidio. »