La scioccante denuncia viene dal quotidiano israeliano Haaretz, con un lungo reportage del 20 marzo scorso.
Sembra che a Tel Aviv tra i soldati israeliani vadano a ruba le magliette con foto di bambini palestinesi morti, disegni di bambini presi nel mirino, moschee bombardate, madri piangenti sulle tombe dei figli, o ancora t-shirt come quella nella foto che mostra una donna palestinese incinta con un mirino puntato alla pancia e lo slogan: “1 shot, 2 kills”, cioè “con un tiro due morti”.
Interessante nella sua crudeltà è anche la t-shirt con un bambino palestinese che cresce fino a diventare un ragazzo dell’Intifada e poi un adulto armato, alla quale si accompagna un “non importa quando si comincia, dobbiamo farla finita con loro”, che in italiano potrebbe suonare come “meglio ammazzare i nostri nemici da piccoli”.
Poi ci sono anche magliette piene di riferimenti sessuali, perfino allo stupro, e quelle con riferimenti alla maternità delle donne palestinesi: “piangeranno, piangeranno”.
Addirittura, vengono vendote t-shirt con alcune immagini raccapriccianti che confermano l’esistenza di alcune azioni di cui ufficialmente l’esercito israeliano nega l’esistenza. Ci riferiamo a immagini di “confirming the kill” (la pratica di sparare un colpo alla nuca del palestinese ferito da distanza ravvicinata per assicurarsi della sua morte), di uccisioni di bambini e donne non armate o di danneggiamenti volontari di siti religiosi palestinesi. Tutte pratiche barbare, per intenderci.
“Questi sono solo alcuni esempi delle immagini che i soldati dell’Israeli Defense (sic) Forces fanno stampare sulle t-shirt che ordinano”, scrive il quotidiano Haaretz.
Il giornalista chiede a un soldato: “E tu cosa pensi dello slogan (un soldato israeliano armato con la scritta “Angelo della Morte”, vicino all’immagine di una città palestinese) stampato sulla tua maglietta?” Risposta: “A me non piace molto, ma la maggioranza degli altri soldati lo volevano”.
Un altro soldato commenta così le magliette con foto di bambini palestinesi e con la scritta “Smaller – Harder!” (un pò come “piu’ son piccoli e piu’ è difficile centrarli!”): “It’s a kid, so you’ve got a little more of a problem, morally, and also the target is smaller.” Cioè: “E’ un bambino, per cui moralmente la cosa è UN PO’ piu’ difficile, e poi l’obiettivo è piu’ piccolo”.
Il giornalista chiede: “I tuoi superiori approvano le magliette prima di farle stampare?”
Risposta del soldato: “Si, anche se una volta hanno rifiutato di far stampare una maglietta che ritenevano troppo estrema. Non ricordo cosa c’era sopra”.
Giornalista: “Anche queste sembrano abbastanza estreme. Hai mai sparato a un bambino?”
Soldato: “Non mi è mai capitata una situazione del genere con un bambino, ma con una donna si. Non era armata, ma era vicino a una zona proibita e avrebbe potuto rappresentare un pericolo.”
G: “E tu cosa hai fatto?”
S: “Ho sparato”.
G: “Non sei dispiaciuto, immagino”.
S: “No. Ho sparato a chi dovevo sparare”.
Evyatar Ben-Tzedef, un ricercatore dell’International Policy Institute for Counter-Terrorism, condanna il fenomeno come “deplorabile”. Il ricercatore ritiene che il fenomeno nasce dal fatto che “c’è mancanza di rispetto per gli esseri umani e il loro ambiente”.
Commenta il prof. Carotenuto:
“Ai soldati israeliani piace andare in giro con magliette che superano i classici simbolismi del militarismo per addentrarsi nella guerra del futuro, quella asimmetrica nella quale il protagonista è il cecchino onnipotente con la testa vuota che ammazza civili, meglio se donne e bambini.”
Il sociologo Orna Sasson-Levy, della Bar-Ilan University, autore di “Identities in Uniform: Masculinities and Femininities in the Israeli Military”, pensa che il fenomeno sia solo “parte del processo di radicalizzazione in atto nell’intero paese di Israele, processo rispetto al quale i soldati sono al forefront.” Secondo Orna Sasson-Levy, “sin dalla Seconda Intifada c’è stato un progressivo smottamento verso Destra. Il ritiro da Gaza e i suoi risultati – cioè la calma che non è mai arrivata – hanno portato a un ennesimo spostamento a destra”.
“La tendenza è piu’ evidente tra i soldati […], sono meno meticolosi e piu’ duri, c‘è la percezione che il palestinese non sia una persona, un essere umano in possesso dei suoi diritti di base, e quindi che gli può essere fatto di tutto.” Secondo Sasson-Levy le magliette in questione “stimolano e rafforzano l’aggressione e la legittimano.”
Come ha fatto il Prof. Carotenuto, anch’io invito i lettori a conservare questo link ( qui ) per la prossima volta che vi diranno che i palestinesi educano i figli alla cultura dell’odio.
– – – – – – – – – – – – – – – –
Reportage di Haretz , via Giornalismo Partecipativo di