Immaginate un paese dove un solo uomo unisce
il potere politico del Presidente Bush,
l’influenza sui media di Rupert Mardoch,
e la ricchezza e l’ambizione di Ross Perot e Steve Forbes.
Quel paese e’ l’Italia
e quell’uomo e’ il Primo Ministro Silvio Berlusconi.
Le parole riportate sopra sono l’apertura di un documentario realizzato e trasmesso qualche anno fa dalla Wnet Thirteen New York, la maggiore emittente della tv pubblica statuninenze Pbs. Chiaramente, essendo il nostro un paese “semi-libero”, tale documentario e’ stato censurato in Italia. Solo gli internauti (e tra loro quelli non troppo impegnati a cercare le foto delle donnine nude) sono riusciti a vederlo. Le TV italiane l’hanno censurato come hanno preferito censurare tanti altri documentari scomodi sull’uomo in questione. Colui che accumula nelle proprie mani tre dei quattro poteri : il potere esecutivo, legislativo e l’informazione. Parliamo dello stesso uomo che ora si sta preoccupando di ammanettare e imbavagliare l’ultimo potere: quello giudiziario.
Gli italiani non devono sapere.
Meglio mostrare loro una bella partita di pallone, che si azzuffino su questioni lontane dal potere. Che non gli salti in mente di porsi domande scomode. Di voler sapere troppo su chi li comanda. Meglio farli lavorare, sudare e correre come topi alla ricerca degli status symbol della societa’ del benessere, meglio anestetizzarli con i messaggi sessuali, che vanno bombardati da ogni trasmissione, film, show, o messaggio pubblicitario. Anche la pubblicita’ del formaggino deve mostrare una donna in atteggiamento erotico. Anche la pubblicita’ dell’ultimo cellulare deve lanciare lo stesso messaggio di sempre: « Scopare! ». E per scopare devi comprare. E per comprare devi lavorare. E non preoccuparti troppo del potere, tanto, si sa’, sono tutti uguali, quelli ci comandano…
Guardatevi, se non l’avete ancora fatto, questo documentario: Citizen Berlusconi
Dal documentario emerge, tra l’altro, che l’Italia scarseggia in libertà d’informazione, e perciò in democrazia, per colpa (principalemente) di un solo uomo, che ha forgiato (o sfigurato) un Paese a sua immagine e somiglianza.
Si parla anche del concetto di « creare un pubblico ». E’ quello che fece Berlusconi negli anni ’80. Creo’ un pubblico, creò una cultura, e poi nel ’94 ci si buttò dentro, risultandone chiaramente vincitore. Ha creato i suoi telespettatori-elettori. Continua oggi a mangiarne i frutti, lasciando ai suoi mille piccoli vassalli (dai giornalisti prezzolati alle vallette, dai suoi avvocati-parlamentari ai suoi giocatori di calcio-eroi) il compito di riempire di sogni e menzogne i loro cervelli.
Di classifiche sulla libertà di informazione o sulla democrazia ce ne possono essere molte e chiaramente non sono il Vangelo. (La scienza politica non e’ accurata come la scienza naturale, ahinoi).Una classifica sulla libertà di stampa estremamente attendibile e’ quella dell’americana Freedom House, un istituto di ricerca, finanziato prevalentemente con fondi governativi, che ha come obiettivo la promozione della democrazia liberale nel mondo.
Il rapporto sulla liberta’ di stampa pubblicato da questo istituto nel 2006 piazza l’Italia verso l’80esimo posto (per la classifica completa aprite questo link di Freedom House), prima di noi vengono circa la metà degli stati al mondo, tra i quali, oltre a tutti i paesi occidentali e pienamente democratici, Palau, Isole Marshall, St. Vincent (non è un casinò), Barbados, Jamaica, St. Lucia (isoletta caraibica), Micronesia, Belize, St. Kitts, Grenada, Suriname, Mali, Vanatu (arcipelago a nord-est dell’Australia), Mauritius, Trinidad & Tobago (che sicuramente ricorderete per la presenza nel Mondiale di calcio del 2006), Tavalu (non so dove sia), Guyana, Figi, Ghana, Kiribati, Papua Nuova Guinea, Samoa, Benin, Namibia, Nauru (la piu’ piccola isola-nazione del mondo) e Isole Salomone.
Immediatamente prima di noi Mongolia, Bulgaria, Bolivia, Tonga e Capo Verde.
Peggio di noi, oltre a tutti i paesi dittatoriali, tra i paesi dell’UE solo la Romania, tra quelli geograficamente in Europa, praticamente solo la Serbia, la Macedonia, la Bosnia, la Turchia, la Russia e la Bielorussia.
Il miglior paese al mondo è la Finlandia. Il peggiore la Corea del Nord.
L’Italie è definito un paese « semi-libero ». Ironico eufemismo per dire non libero (è lapalissiano che un uomo semi-libero non è un uomo ).
C’è poi un altro indice da prendere in considerazione: l’Indice di Democraticità. Questo indice è stato prodotto da The Economist, una delle più autorevoli riviste al mondo, se non la più autorevole.
The Economist è un settimanale basato a Londra che tratta di attualità, politica, economica e finanza, rivolgendosi soprattutto ad un pubblico di lettori d’elite, influenti uomini d’affari e politici (non lo troverete sul tavolino del bar sotto casa, probabilmente).
The Economistfu fondato nel 1843 allo scopo di sostenere la causa del liberismo e da allora è rimasto sempre schierato su posizioni liberiste in economia e classicamente liberali in genere.
The Economist è apertamente a favore di una linea politica conservatrice in materia fiscale, dunque si può considerare un tipo di stampa opinionista che sostiene un determinato schieramento politico.
Nell’Indice di Democraticità del 2007 (fonte) elaborato dai centinaia di esperti di The Economist, i paesi sono divisi in democrazie funzionanti, democrazie imperfette, regimi ibridi e regimi autoritari.
In questo indice la Svezia risulta il paese piu’ democratico del ondo, seguito da altri 6 paesi scandinavi o dell’Europa settentrionale, dall’Australia (8′) e dal Canada (9′). Dal 10mo al 20esimo posto tutti paesi europei più Nuova Zelanda (11esima) e Stati Uniti (17esimi, dopo la Spagna). Per farla breve, per trovare la nostra Italia bisogna scendere al 35esimo posto, dopo l’Estonia e immediatamente prima dell’India e del Botswana. L’Italia e’ considerata una democrazia imperfetta, alla pari di paesi come Capo Verde, la Mongolia, la Namibia, Lesotho, le Filippine e Timor-Est. Dovremmo vergognarci. Dovrebbe essere questo “IL Problema”.
Per la cronaca, la Corea del Nord è ultima, 167esima.
Vorrei ricordare a chi si trovasse a leggere queste righe, che quì non si sta parlando di destra o sinistra, ma di libertà, informazione e democrazia.
In ogni paese occidentale questi valori sono difesi a spada tratta dai socialisti cosi come dai conservatori. Purtroppo in Italia non e’ cosi’. E’ una delle tante anomalie italiane. Un paese non solo senza dei veri partiti di destra e di sinistra di stampo europeo, ma evidentemente senza nemmeno un partito o dei politici con una base ideologica vagamente liberale. Ci ritroviamo una destra mera accozzaglia di post-fascisti, leghisti e gente al soldo del cittadino Berlusconi, e una sinistra che pur avendo governato per almeno sette anni negli ultimi 14 non ha mai ritenuto opportuno intervenire minimamente per risolvere il problema dell’informazione italiana. La situazione e’ sempre la stessa, unicamente illiberale per un paese occidentale : monopolio delle tv private nelle mani del cittadino-politico Berlusconi e televisione di stato non pubblica ma governativa (e « italianamente » clienterale), che tra l’altro si appiattisce sui contenuti della sua concorrente privata, rinunciando di fatto al ruolo di televisione pubblica.
Dunque, se il problema principale e’ causato dal conflitto di interessi del cittadino Berlusconi, e’ vero anche che il male e’ stato spesso sottovalutato da tutte le parti politiche, vuoi per interesse (chi con Berlusconi era alleato, e percio’ traeva beneficio dall’avere la forza di fuoco delle televisioni del Biscione dalla loro parte), vuoi per accordi sottobanco (mi riferisco all’ « ammissione di Violante » in Parlamento, quando disse che Berlusconi sapeva che il governo di centro-sinistra 1996-2001 non avrebbe toccato i suoi interessi) o altro.
Dire che gli elettori lo hanno eletto, Berlusconi, sapendo tutto ciò, per cui non dovremmo perdere tempo su questa questione, è sbagliato. Nessuno mette in dubbio la vittoria elettorale di Berlusconi, ma non per questo l’Italia è una bella democrazia e si sono risolti i problemi sopracitati. Anzi, come dice il piu’ stimato politologo italiano, Giovanni Sartori, nel documentario americano: il monopolio berlusconiano dell’Informazione “distrugge la democrazia nella sostanza“.
E’ triste vedere che tanta gente – non solo i giornalisti prezzolati e gli uomini che Berlusconi ha cooptato in Parlamento, facendone quasi un suo prolungamento – che si dice democratica e/o liberale non capisca la questione.
L’anomalia del berlusconismo è ulteriormente confermata da praticamente tutti gli osservatori esteri (non assolutamente solo di sinistra ! ma di destra, di centro, moderati, liberali, liberisti e via dicendo), che giudicano il berlusconismo un’anomalia, pericolosa e non democratica. The Guardian ha scritto che nell’Italia del “giullare” Berlusconi, che ha vinto le elezioni “sulla scia di un’ondata di panico pompata dai media su una presunta impennata dei tassi di criminalitá“, “la piú grande felicitá di un particolare individuo sembra essere modellare la morale e la legislazione – sovvertendo la democrazia“.
Inoltre, in un post precedente (Come giudicare l’operato di Berlusconi?) riportavo gli articoli di Le Soir, International Herald Tribune, The Tepegraph, Der Tagesspiegel e The Economist (tutti giornali non di sinistra, semmai la cosa conti). In quegli articoli si leggevano giudizi del genere:
– Berlusconi si è già mosso per punire i pubblici ministeri che parlano con la stampa e per fermare l’uso generalizzato delle intercettazioni telefoniche per far sì che i casi giudiziari non siano più divulgati sui media.
– Berlusconi aspira all’immunità.
– Per poter sottrarsi ad una possibile condanna per corruzione Silvio Berlusconi, capo di governo Italiano, mette mano, ancora una volta, al processo legislativo del suo paese.
– La legge imbavagliera’ anche i magistrati e la stampa, minacciando l’arresto per magistrati […] e giornalisti […]
– sembrerebbe essere una cortina fumogena per il reale approccio del Governo al crimine: duro per alcuni crimini, leggero su altri. Dietro alla cortina fumogena, Berlusconi sta raccogliendo i frutti del suo governo, ancora una volta.
E pensare che la nostra italietta una legge contro il conflitto di interessi, in realta’, ce l’aveva anche!
La legge n.361 del 1957 all’articolo 10 afferma:
Non sono eleggibili […] coloro che […] risultino vincolati con lo Stato […] per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica.
E’ una norma chiara, giusta, nata in tempi non sospetti, quando Berlusconi era ancora un giovane cantante di canzoncine francesi e napoletane sulle navi da crociera.
Il problema e’ che a giudicare sulla regolarita’ degli eletti e’ il Parlamento stesso, con la Giunta delle Elezioni, che e’ composta in modo proporzionale ai gruppi parlamentarti. Percio’ nel 1994 una Giunta a maggioranza pro-Berlusconi giudico’ regolare l’elezione di Berlusconi, fornendo un’interpretazione formalistica della legge del ’57, stabilendo che solo il titolare giuridico delle concessioni, il presidente di Fininvest-Mediaset Confalonieri, non puo’ essere eletto, mentre niente ha da temere il cittadino Berlusconi, che e’ il proprietario di fatto. Ironico ma vero, Confalonieri ineleggibile e Berlusconi elegibilissimo come fosse un nullatenente.
Per risolvere tale interpretazione, che chiaramente va contro la ratio del legislatore del 1957, basterebbe approvare in Parlamento una leggina che ristabilisca l’interpretazione autentica della legge originaria.
Una legge del genere, tra l’altro, una decina d’anni fa fu depositata alla Camera addirittura dalla Lega Nord-Indipendenza della Padania (ci fu un breve periodo in cui il morbo dell’anti-berlusconismo contagio’ persino l’altrimenti sana e biondissima razza padana), ma come spesso accade per le norme che rischiano di danneggiare gli interessi di una persona milanese di nome Silvio, non se ne fece mai niente.
Detto questo, non fossilizziamo la discussione sul tema dell’eliggibilita’ o meno di Berlusconi, perche’ oramai, dopo 14 anni che siede in Parlamento, mi pare chiaro che tale norma non sara’ mai rispettata dai cari deputati che fanno parte della Giunta delle Elezioni, che evidentemente non sono li per rispondere alle leggi italiane ma per rispondere a qualcun altro.
Il punto di queste righe vuole essere la liberta’ di informazione in Italia non brilla per pluralismo, e che la democrazia italiana non puo’ fiorire se non sulla base di una vera liberta’ d’informazione. Non secondo me ma secondo i Padri del Liberalismo e dello Stato Liberale moderno inglese francese e americano.
Infatti, storicamente il liberalismo nasce come (cito wikipedia):
ideale che si affianca all’azione della borghesia nel momento in cui essa combatte contro le monarchie assolute e i privilegi dell’aristocrazia a partire dalla fine del XVIII secolo. L’esito di questo scontro tra le due classi porta alla costituzione dello Stato liberale.
Il liberalismo è probabilmente la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna dello Stato e del suo rapporto con la società. Si può dire che abbia contribuito a definire quasi tutte le altre dottrine politiche: si parla infatti di “liberaldemocrazia” in modo generico per indicare una moderna democrazia che non sia basata esclusivamente sulla volontà della maggioranza ma – anche e soprattutto – sul rispetto delle minoranze.
Illuminante. Combattere i privilegi e rispettare le minoranze. Questa dovrebbe essere la filosofia della libertà, il liberalismo.
Sembra che oggi in Italia si stia andando in direzione opposta, difesa dei privilegi dei potenti e rozzi attacchi alle minoranze piu’ deboli, capri espiatori magari da gettare in pasto ai penultimi sul gradino sociale.
E non si risponda che «il cittadino Berlusconi ha vinto le elezioni e percio’ ha ragione». Chi vince le elzioni “vince” il diritto di governare (per qualche anno), non vince la ragione. E il fatto che un cittadino vinca le elezioni non significa che un paese goda di una democrazia vitale e che tale democrazia non possa essere alterata e/o attaccata.
Il concetto mi sembra chiaro. A me, o ai giornalisti di The Economist, Pascal Couchepin (un liberal-conservatore), presidente della Confederazione Svizzera, può anche non risultare simpatico. Ma nessuno si azzarderebbe mai di dire che Couchepin non è un politico liberale, o democratico, o che è un pericolo per la democrazia svizzera. Berlusconi, purtroppo, è tutt’altra cosa, non solo secondo me, ma secondo il sopracitato Giovanni Sartori e secondo tutta una serie di osservatori internazionali, non di sinistra, non simpatizzanti dei bolscevichi, e non faziosi.
Dobbiamo stare molto attenti, percheè la democrazia non è una cosa che una volta «fatta» rimane lì per sempre. La democrazia è un’invenzione umana, ottenuta tramite lotte dure e violente, ma che come tutte le cose umane è transitoria. Ieri non c’era, oggi c’è (?), domani potrebbe non esserci.
Chiunque ha il diritto alla libertà di opinione ed espressione; questo diritto include libertà a sostenere personali opinioni senza interferenze ed a cercare, ricevere, ed insegnare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo informativo indipendentemente dal fatto che esso attraversi le frontiere (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
La nostra libertà dipende dalla libertà di stampa, ed essa non può essere limitata senza che vada perduta. (Thomas Jefferson)
Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza. (Benjamin Franklin)
“Anche Gobbels era a favore della Libertà di Parola per le opinioni che condivideva. Anche Stalin. Se sei a favore della Libertà di Parola, allora ciò deve significare che tu sei a favore della libertà di parola precisamente di quelle opinioni che non condividi. Altrimenti, significa che non sei a favore della libertà di parola.” Noam Chomsky, Manufacturing Consent: Noam Chomsky and the Media (1992).
“La media degli Italiani è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco…
È a loro che devo parlare.”
(Berlusconi, Ansa, 24 maggio 2003)