Finanziaria, tassa sulle rendite al 20%
Cento, Verdi: «Necessario discutere sui privilegi fiscali della Chiesa»
Articolo pubblicato il: 2007-08-22 ROMA – Il governo ha intenzione di innalzare al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie, attualmente al 12,5%. E lo farà nella prossima Finanziaria, a cui i tecnici del ministero dell’Economia stanno già lavorando. Un provvedimento che aveva dato il nome ad un disegno di legge delega (il cosiddetto “ddl rendite”, appunto), ma che era poi stato stralciato, per le difficoltà che esecutivo e maggioranza avevano incontrato nella sua definizione tecnica. Ma che nei giorni scorsi è stato rilanciato dallo stesso ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa in un’intervista a La Stampa e che ieri è stato confermato dal suo sottosegretario Alfiero Grandi.
Un annuncio, quello di Grandi, che getta immediatamente acqua sul fuoco della polemica all’interno della compagine governativa, dove il titolare della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, aveva reclamato a gran voce una mano più pesante del fisco sui guadagni da operazioni finanziarie, così da riequilibrare la pressione che invece insiste sulle buste paga dei lavoratori dipendenti.
«È un obiettivo per il 2008, come già il presidente Prodi aveva annunciato – ha affermato Grandi -. E la Finanziaria è il classico strumento per una tale misura». Il provvedimento – ha ricordato Grandi – era originariamente contenuto nel disegno di legge delega e prevedeva un prelievo del 20% per tutti i tipi di rendite. «Poi – ha spiegato il sottosegretario – si è scelto di toglierlo perché, fra governo e maggioranza, non si è riusciti a trovare la “quadra” della misura. Sono rimaste invece quelle sull’equiparazione dei fondi esteri e quelli italiani, la riforma degli estimi e l’Ici. Ma, con riserva, il governo già allora aveva deciso che avrebbe ripensato alla formula originaria». Del resto – ha sostenuto Grandi – c’è anche la necessità di portare la tassazione sulle rendite finanziarie ai livelli europei, che mediamente «sono fra il 20 ed il 22%».
I privilegi fiscali della Chiesa
Un conto è riconoscere il ruolo sociale della Chiesa, «che va in ogni caso salvaguardato», un altro è guardare ai privilegi fiscali di cui essa gode come qualcosa su cui nemmeno discutere, come un tabù da accettare senza avviare su di essi una riflessione. Le parole del sottosegretario di Stato all’Economia, Paolo Cento, Verde, hanno riaperto un dibattito su un “trattamento” fiscale, quello di cui gode la Chiesa italiana rispetto al resto dei contribuenti.
da: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=65399&page=2