Il mito della crisi dei valori della famiglia tradizionale

Storie di ogni giorno in una città del Seicento è un libro di Ottavia Niccoli pubblicato da Laterza

Storie di ogni giorno in una città del Seicento è un libro di Ottavia Niccoli pubblicato da Laterza

«La famiglia è in crisi! I valori della famiglia tradizionale si stanno perdendo per colpa del nichilismo decadente della società occidentale moderna! Bisogna difendere la famiglia!» Sono questi gli slogan più in voga tra i cattolici conservatori.

Il realtà è vero l’opposto, e adesso ve lo spiego.

La famiglia è diventata una struttura sociale decente, non oppressiva né psicologicamente vessatoria per l’individuo, solo in tempi molto recenti e solo, o almeno principalmente, nelle moderne società occidentali, dove oggi può essere considerata come uno dei luoghi di educazione e trasmissione di valori civili, insieme ovviamente alle scuole.

Tradizionalmente, nella società Europea come nel resto del mondo, la famiglia è stata tutt’altro. È stata il primo e principale luogo delle vessazioni psicologiche e violenze fisiche ai danni dei più deboli, soprattutto di donne e bambini. Lo si capisce bene leggendo, ad esempio, Storie di ogni giorno in una città del Seicento, di Ottavia Niccoli.

Altro che “valori che si stanno perdendo”: non si può perdere quel che non si possiede. In famiglia, in passato, succedeva di tutto. In passato erano i genitori a decidere se i figli dovevano vivere o morire, imparare un mestiere o lavorare i campi, maritarsi o farsi preti, oppure rinchiudersi in convento. I matrimoni erano combinati. Ovviamente l’analfabetismo e la miseria generalizzata non miglioravano certo le cose. La vita era breve (nell’era pre-industriale l’età media era di meno di 30 anni), faticosa (non esisteva lo stato sociale e la maggioranza delle persone lavorava nei campi) e dolorosa (sostanzialmente non esistevano medicine, vaccini, chirurgia, anestesia e via dicendo) e la legge era quella del più forte, vale a dire del maschio dominante, perlomeno nella tanto decantata “famiglia tradizionale”.

I bambini iniziavano a lavorare nei campi appena imparavato a camminare. Le bambine spesso e volentieri venivano collocate come serve presso le famiglie dei signori. I bambini più fortunati, soprattutto nelle città, potevano andare ad imparare un mestiere (ramai, ferrai, calzolai, sarti, barbieri e via dicendo). Campi, case dei signori o botteghe, a sei-sette anni già si lavorava sulle 16 ore al giorno. Ma per i maschietti veramente fortunati la vita era un po’ più semplice: erano quelli scelti per i cori delle voci bianche. Cantare non era un lavoro manuale e si trattava di un’attività decisamente più sicura e socialmente riconosciuta di molti altre. Per la famiglia era una sorta di traguardo sociale. Ovviamente per essere avviati al mestiere serviva menomare barbaramente il fanciullo tramite la stessa pratica utilizzata per i capponi da ingrasso. Per far questo serviva il consenso dei genitori, che erano ben lieti di concederlo.

Qualunque fosse il mestiere, ci si sposava giovanissimi, da adolescenti o anche prima: non era raro per le bambine essere date in sposa a sette-dieci anni o comunque alla comparsa del primo ciclo mestruale. Poi bisognava affrettarsi a sfornare figli, ovvero nuove braccia per il lavoro nei campi.

Violenza e sfruttamento erano all’ordine del giorno, nella famiglia tradizionale, ma non meno frequenti erano lo sfruttamento del lavoro infantile, gli stupri, la pedofilia e gli omicidi.

Per i deboli, per le vittime di questi abusi, c’erano ben poche alternative o vie d’uscita. Alcune donne tentavano la fuga dal marito, alcuni bambini tentavano la fuga dai genitori. Ma in un mondo pre-moderno basato sui clan o, come direbbero i conservatori, sulla “famiglia tradizionale”, chi “usciva” dalla famiglia era messo al bando dell’intera società: non sapeva dove andare, né a chi rivolgersi, né cosa fare. Si diventava dei reietti, degli emarginati. Magari mendicanti, oppure banditi. Le donne, spesso, prostitute. Oppure chi tentava la fuga tornava spontaneamente a casa dopo pochi giorni di girovagare senza meta e si rassegnava al suo destino: il terribile destino di vittima di un ordinamento sociale feroce.

Il punto è che la “famiglia” come nucleo sociale in grado di educare le persone alla civiltà è un fatto tutto sommato recente, molto recente, e dunque anche molto “artificiale” e poco “naturale” o “tradizionale”. D’altronde la parola civiltà, secondo i dizionari, significa proprio cultura, civilizzazione, modernità, progresso, evoluzione e via dicendo. In sostanza, è l’opposto della natura e della tradizione. E la “famiglia civile” è l’opposto della “famiglia naturale” e di quella “tradizionale”. Il tipo di famiglia che oggi conosciamo, insieme ai suoi valori di civiltà, è un qualcosa di molto poco naturale, di molto poco tradizionale, e di molto costruito, costruito negli anni, nei secoli e nei millenni.

Altro che “decadenza dei valori”: mai prima, nella storia dell’umanità, la famiglia e la società hanno avuto valori così alti e nobili. Oggi, in genere, si sceglie se sposarsi o non sposarsi. Se ci si sposa, lo si fa per amore, non perché così hanno deciso i genitori o il capoclan. Se si fanno i figli, li si fanno per amore, non perché si ha bisogno di qualcuno che ci aiuti a zappare i campi e ci sfami quando saremo vecchi (oggi quel ruolo lo svolge lo stato, che eroga le pensioni). E non c’è nulla di naturale o tradizionale in tutto questo. Al contrario, i nostri valori sono un qualcosa di garantito dalle nostre modernissime “società aperte“, dalle loro leggi, Costituzioni e istituzioni di garanzia, dal pluralismo delle alternative di vita e di lavoro che offrono, dalla loro cultura moderna, e dal loro ‘”innaturale” e modernissimo benessere che permette alle famiglie di non aver bisogno di mandare i bambini di cinque anni a mendicare per le strade o a lavorare nei campi o nelle fabbriche.

Mai prima, nella storia dell’umanità, si erano avute famiglie che non picchiano la prole; che non considerano le figlie e le mogli come esseri inferiori ai figli maschi e ai mariti; che continuano a sostenere economicamente i figli oltre l’infanzia; che li lasciano liberi di decidere quale destino seguire: se studiare o lavorare, se, quando e con chi sposarsi.

Le argomentazioni sulla “crisi della famiglia tradizionale” o sulla “decadenza dei valori famigliari” non hanno, alla luce di quanto detto, molto fondamento. La famiglia intesa come luogo di educazione e trasmissione di valori civili continuerà ad esistere, cambiare e progredire parallelamente ai mutamenti ed al progresso della società in cui è inserita.

 

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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