Il Papa in una parrocchia romana evoca la figura
del demonio. Gli scenari delineati nel nuovo Catechismo
di ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO – “L’Inferno esiste ed è eterno, anche se non ne parla quasi più nessuno”. Papa Ratzinger torna a rilanciare il luogo della dannazione eterna evocato da secoli dalla tradizione cristiana, declassato, però, negli ultimi tempi ad argomento di serie b nell’immaginario collettivo del popolo dei credenti. Il posto scelto per ribadire l’attuale “pericolosità” di Satana non è la scenografica basilica di San Pietro, ma una anonima parrocchia della periferia romana – la chiesa di Santa Felicita e Figli Martiri della borgata di Fidene – visitata ieri mattina da Benedetto XVI nella sua veste di vescovo di Roma. Nell’omelia, come un vecchio parroco, il pontefice tiene una ferma lezione di teologia partendo dal significato del “perdono cristiano così come ci è stato insegnato nel Vangelo attraverso la parabola dell’adultera”, la donna salvata dalla lapidazione dalla famosa frase “chi è senza peccato scagli la prima pietra” rivolta da Gesù ai suoi accusatori. Uno dei più noti episodi evangelici dal quale il Papa parte per mettere in guardia i cattolici dalle “insidie” del demonio “se non si pentiranno dei peccati e non chiederanno il perdono divino”.
“La fede cristiana – è il ragionamento di Ratzinger – è un annuncio, una offerta all’uomo, mai una imposizione”. Ogni persona – “se vuole”, sottolinea il Pontefice – può “accettarla spontaneamente” con “tutta la sua carica salvifica che ci viene da Dio, il nostro Padre misericordioso che è sempre pronto ad aiutarci, ad accoglierci, anche quando sbagliamo”. “Perdono e salvezza divina” intesi, quindi, come “doni” che ogni uomo nel corso della sua vita ha la possibilità di accettare, a patto che – avverte Ratzinger – “ammetta le sue colpe e prometta di non peccare più”. E quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento? Per questi – rammenta Benedetto XVI – la prospettiva è la dannazione eterna, l’Inferno, perché “l’attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza”. Tragico destino che spetta a chi “vive nel peccato senza invocare Dio” perché – è la spiegazione del Papa – “solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più”. Ecco perché Benedetto XVI ricorda, a conclusione dell’omelia nella parrocchia periferica romana, che “Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”.
Si tratta – in sostanza – degli stessi scenari previsti nel Compendio del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica alla voce Inferno firmato da Ratzinger poco tempo dopo la sua elezione pontificia. L’Inferno – vi si legge tra l’altro – “consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale” e “la pena principale dell’Inferno sta nella separazione eterna da Dio”. Su questo insegnamento si è sempre mosso il teologo Joseph Ratzinger, sia da vescovo che da cardinale. In perfetta sintonia con papa Wojtyla, che durante il suo lungo pontificato in più occasioni ha invitato i cattolici “a pregare Dio perché nessuno sia o vada all’Inferno”, spiegando che al luogo della dannazione eterna sono destinati coloro i quali “usano male la libertà offerta loro da Dio”. Ma uno dei più grandi teologi del secolo scorso, Urs Hans von Balthasar, ha teorizzato che “l’Inferno c’è, ma potrebbe anche essere vuoto” perché “la misericordia di Dio è infinita come il suo perdono”.
(26 marzo 2007)